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I robo advisors lanciano la sfida ai fondi comuni

02/12/2016

Le automobili senza conducente già circolano su alcune strade; i robot supportano i medici chirurghi...perché non lasciare all’intelligenza artificiale la gestione dei risparmi?

Questa è la proposta delle piattaforme robo advisors, una tendenza partita quattro anni fa dagli Stati Uniti e che può già contare su un asset under management di 50 mld di Usd. Nel 2015 il mercato dei robo advisors ha registrato un progresso del 200%. Dal 2013 questo servizio di gestione è sbarcato in Europa.

Il punto di partenza di questa modalità gestionale è allo stesso tempo basico e controcorrente: la maggior parte dei fondi comuni d’investimento tradizionali –azionari e obbligazionari- non riescono a battere i rispettivi benchmark e domandano commissioni non sempre ragionevoli. I robo advisors propongono di accantonare la gestione attiva per concentrarsi su quella passiva.

La gestione automatizzata si serve degli Etf e dei fondi indice. Entrambi gli strumenti sono simili ai fondi tradizionali, ma il loro portafoglio non è costruito attraverso le scelte di un gestore. L’implementazione del portafoglio è realizzata con la replica di un indice di mercato (azionario o obbligazionario). Il punto di forza dei robo advisors sta nel livello delle commissioni (molto ridotto rispetto a quello applicato dalla gestione attiva). Il servizio non comporta alcuna rinuncia sul versante della diversificazione del portafoglio perché gli Etf sono strumenti in grado di garantire un’esposizione su un elevato numero di titoli.

Per ora, l’auge di queste piattaforme sembra irrefrenabile. Alcuni studi indicano che nel 2020 i robo advisors gestiranno 2.200 mld di usd (cifra non lontana dal debito pubblico italiano). La rivoluzione digitale, il boom del fintech e le gestioni automatizzate costituiranno un mix molto concorrenziale per l’industria tradizionale del risparmio gestito.

Warren Buffett si è recentemente pronunciato a favore dell’utilità dei robo advisors per gli investitori che non abbiano il necessario livello di know how per fare delle scelte finanziarie. L’oracolo di Omaha ha affermato che l’asset allocation di lungo termine ideale per un giovane investitore poco avvezzo al mondo della finanza, potrebbe essere rappresentata da un portafoglio costituito da un Etf con focus sui titoli governativi Usa a breve scadenza per il 10% del portafoglio e, per il restante 90%, da un Etf o un fondo indice che replichi l’andamento dell’indice Standard and Poor’s 500.

I colossi mondiali della gestione cominciano a mostrare interesse per il segmento. L’anno scorso, BlackRock ha acquistato FutureAdvisor. Vanguard, il gigante della gestione passiva, ha il suo servizio di gestione automatizzata che può contare su un Aum di 20 mld di Usd.

L’ascesa degli Etf è stata fondamentale per lo sviluppo dei robo advisors. Il primo prodotto indicizzato, il Vanguard 500 index Fund, è stato lanciato 40 anni fa. Stando agli ultimi dati, la gestione passiva realizzata mediante gli Etf conta su un patrimonio di 3.000 mld di usd. Oggi l’offerta di Etf abbraccia tutte le asset class e permette di costruire portafogli ampiamente diversificati, tanto da indurre anche famosi gestori attivi a servirsene per assumere posizioni su alcuni segmenti a costi relativamente contenuti.

A cura di: Rocki Gialanella

Parole chiave:

fondi etf gestione attiva gestione passiva
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