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Provocazione Cgia: con lockdown mancata evasione per 27,5 mld

10/06/2020

Dopo tre mesi di lockdown che ha interessato la gran parte delle piccole e piccolissime attività imprenditoriali nel Paese, “a esultare sarebbe il fisco che avrebbe visto ‘diminuire’ di 27,5 miliardi di euro l’evasione fiscale”. È una “provocazione” che arriva dall’Ufficio studi della CGIA di Mestre, che spiega di essere “giunta a questo risultato economico, partendo da una considerazione molto diffusa tra l’opinione pubblica: ovvero, che il popolo degli evasori presente in Italia è costituito quasi esclusivamente da lavoratori autonomi”. Secondo le stime del ministero dell’Economia e delle Finanze, in Italia ci sarebbero circa 110 miliardi di evasione fiscale l’anno.

L’evasione fiscale riconducibile ai piccoli imprenditori

Molti osservatori ritengono che questo mancato gettito sia riconducibile in massima parte ad attività caratterizzate da un rapporto commerciale diretto con il cliente finale, come nel caso di molti edili, dipintori, idraulici, elettricisti, orafi, parrucchieri, estetisti, baristi, ristoratori, commercianti. Basandoci su queste considerazioni e sul fatto che questi tre mesi di chiusura hanno interessato proprio tali attività, si può dire “con buona approssimazione che l’evasione fiscale sia diminuita del 25%”, appunto di ben 27,5 miliardi di euro, facendo scendere a 82,5 miliardi l’ammontare complessivo del mancato gettito.

Si preannuncia una campagna contro gli evasori

“Un risultato che, ovviamente – secondo quanto riporta una nota -, non ha alcun rigore scientifico, ma serve a lanciare una provocazione e, allo stesso tempo, contestare una tesi che, purtroppo, sta ingiustamente etichettando” gli autonomi. Da sempre additati come “gli affamatori del popolo, non è da escludere che nei prossimi mesi, quando questa depressione economica sfocerà in una probabile crisi sociale, gli autonomi saranno chiamati a pagare il conto” ha affermato Paolo Zabeo, coordinatore Ufficio studi, secondo cui “in attesa che arrivino i soldi del Recovery fund, quasi sicuramente inizierà una campagna contro gli evasori fiscali, con l’obbiettivo di colpire, in modo particolare, gli artigiani, i commercianti e le partite Iva”.

L’Erario ha tutti gli strumenti di contrasto

Sia chiaro, ho sottolineato il responsabile, “l’evasione/elusione va contrastata ovunque essa si annidi, sia tra chi non emette lo scontrino sia fra coloro che, grazie ad operazioni societarie eticamente molto discutibili, hanno spostato la sede nei Paesi a fiscalità di vantaggio. Tuttavia – aggiunge -, non dobbiamo generalizzare e tanto meno colpire nel mucchio, anche perché gli strumenti per combattere chi non versa le imposte ci sono e da molto tempo”. E qui l’Ufficio studi ricorda che i circa 110 miliardi di evasione fiscale e contributiva denunciati dal Ministero sono pressoché stabili da almeno 10 anni, mentre nello stesso periodo l’Amministrazione finanziaria ha visto aumentare notevolmente il numero di strumenti a disposizione per contrastare l’evasione.

Con un Fisco meno esigente ci sarebbe meno evasione

In sintonia anche il parere di Renato Mason, secondo cui “grandi o piccoli che siano, gli evasori vanno perseguiti ovunque si nascondano. Tuttavia, se il nostro Fisco fosse meno esigente, lo sforzo richiesto sarebbe più contenuto e probabilmente ne trarrebbe beneficio anche l’Erario. Con una pressione fiscale più contenuta, molti di quelli che oggi sono evasori marginali diventerebbero dei contribuenti onesti”.

Solo la Francia batte l’Italia per pressione fiscale

Pur tenendo a mente che qualsiasi comparazione in materia fiscale debba essere analizzata con molta prudenza, secondo gli ultimi dati della Banca Mondiale (Doing Business), solo la Francia (60,7% sui profitti commerciali) presenta un carico fiscale sulle imprese superiore all’Italia (59,1%). Se la media dell’Eurozona è pari al 42,8% (16,3 punti in meno rispetto al Belpaese), la Germania registra il 48,8% e la Spagna il 47%. Per ciascun Paese esaminato, questa elaborazione fa riferimento a una media impresa (srl) con circa 60 addetti e alle imposte pagate nell’anno 2018, al secondo anno di vita dell’impresa (ovvero nata nel 2017).

A cura di: Fernando Mancini

Parole chiave:

cgia tassazione lockdown coronavirus
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