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Italiani: meno obbligazioni e più fondi nei portafogli

05/07/2016

«La ripresa economica dell’Italia riprende slancio». Così nelle ultime settimane l’Ocse ha riacceso l’entusiasmo un po’ sopito degli italiani dopo quasi 10 anni di crisi economica ininterrotta.

Nel suo recente Economic Outlook, l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, ha previsto una crescita del Pil 2016 all’1%, mentre per il 2017 stima un’accelerazione a +1,4%. «La crescita dei redditi disponibili delle famiglie e il miglioramento del mercato del lavoro», sostiene l’Ocse, «sosterranno i consumi».

La ripresa è, infatti, sostenuta soprattutto dalla domanda interna, tanto che l’Ocse si attende una crescita delle importazioni superiore a quella dell’export». Insomma, musica per le nostre orecchie. Ma non è solo l’organizzazione internazionale a confermare le “ripresina” in atto in Italia. Nell’ultima relazione annuale (31 maggio 2016) presentata alla comunità finanziaria, Banca d’Italia ha sottolineato che nel 2015 la ricchezza finanziaria delle famiglie consumatrici e produttrici ha segnato un progresso del 2,2% (2,8% al netto delle passività), principalmente per effetto della rivalutazione delle attività in portafoglio.

Per effetto di questo trend, la ricchezza pro-capite degli italiani è tornata ai livelli di dieci anni fa. E’ bene rimarcare che nel 2007 questo valore era nettamente superiore a quello dell’area dell’euro, mentre a fine 2015 la differenza si è pressoché azzerata. Tra le cause di questo fenomeno, com’è facile immaginare, va annoverato il calo del valore delle attività finanziarie, protrattosi in Italia fino al 2011 per la crisi del debito sovrano, il livello estremamente contenuto dei nuovi investimenti in attività finanziarie, dovuto alla maggiore contrazione della propensione al risparmio e la più debole dinamica del reddito.

Passando agli investimenti, gli acquisti delle attività finanziarie da parte delle famiglie italiane, al netto delle vendite, si sono attestati alla fine dello scorso anno a 24 miliardi di euro, circa un terzo di quelli del 2007. Le scelte di investimento continuano a essere influenzate dalla ricerca del miglior mix tra rischio e rendimento in risposta al basso livello dei tassi di interesse. E’ proseguita, in ogni caso, anche nel 2015 la sostituzione nei portafogli degli italiani dei titoli pubblici e delle obbligazioni bancarie con strumenti di risparmio gestito: le quote di fondi comuni hanno segnato infatti in soli 24 mesi un progresso di tre punti percentuali, passando dal 8,1 del 2013 all’11,1% alla fine del 2015.

Stesso trend per i prodotti assicurativi, che si ritagliano oramai il 13,9% del portafoglio finanziario degli italiani, a fronte del 12,9% del 2014.  E’, invece, pressoché stabile la percentuale dei depositi bancari nei portafogli degli italiani (era il 26,9, ora è il 26,7%), mentre è cresciuto il peso delle azioni e delle partecipazioni nazionali e straniere: 23,3 rispetto al 22,6% dei dodici mesi precedenti. In ogni caso, malgrado il deciso cambio di rotta messo in atto dagli investitori del Belpaese, la percentuale dei portafogli dei nostri connazionali resta purtroppo ancora sproporzionata sulla parte obbligazionaria, benché nell’ultimo biennio si sia assistito a un deciso cambio di trend.

Se infatti nel 2013 la percentuale di Titoli di stato e altre obbligazioni si attestava al 16,6%, questo dato è sceso nel 2015 al 10,7%. Malgrado una diminuzione superiore al 55% della componente obbligazionaria presente nei portafogli, il peso complessivo di questa asset class è di gran lunga superiore a quanto registrato negli Usa (4,8%), Germania (3,8%), Francia (1,7%) e Spagna (1,2%). Tuttavia non esistono rose senza spine, anche se non mancano alcuni distinguo.

Sempre dall’indagine di Banca d’Italia è emerso che nel 2015 i debiti delle famiglie verso le banche e le società finanziarie hanno ripreso ad aumentare, anche se in maniera più contenuta rispetto al quadro internazionale e in rapporto al reddito disponibile. A partire dalla seconda metà dell’anno, l’espansione dei prestiti concessi dalle sole banche è aumentata, raggiungendo l’1,1% lo scorso marzo. Nel complesso, nell’area euro, l’incremento è stato lievemente più sostenuto (1,6%), e le maggiori accelerazioni sono state registrate in Francia (3,7%) e in Germania (2,9%), mentre in Spagna è proseguita gradualmente ma costantemente la flessione (-1,8%) dei prestiti. Nel 2015 le erogazioni da parte delle banche di nuovi crediti alle famiglie per l’acquisto di abitazioni hanno accelerato portandosi allo 0,7% su dodici mesi, dal -1,1% del dicembre 2013, grazie all’espansione della domanda sostenuta dall’incredibile livello raggiunto dai tassi di interesse e dalle migliori prospettive del mercato immobiliare, nonché all’allentamento delle condizioni di offerta.

A cura di: Rocki Gialanella

Parole chiave:

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