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Germania, punti di forza e di debolezza

28/09/2017

I lavoratori tedeschi stanno beneficiando del boom delle esportazioni. I beni e servizi che il paese vende all’estero sono aumentati di 350.000 mln di euro da quando Angela Merkel è arrivata al potere.

I punti di forza

Il surplus commerciale della Germania ha raggiunto i 280.000 mln annui, superato in termini assoluti solo da quello cinese. Le esportazioni rappresentano il 46% del Pil (per rendersi conto del peso esercitato da questo valore basti pensare che negli Usa il suo peso è sul Pil si ferma al 13%). Questi surplus determinano che i tedeschi abbiano ogni anno quote crescenti di asset stranieri nelle loro mani (in altri termini finanziano il resto del mondo).

Si tratta di un dato che non trova riflesso nel Pil ma che assume rilevanza negli introiti dei tedeschi. La crescita del Pil si attesterà all’1,8% nel 2017, archiviando il settimo anno consecutivo al rialzo. I conti del Governo federale chiuderanno in territorio positivo per il quarto anno consecutivo.

Il recupero dell'economia targato Merkel

Nel 2005, anno dell’arrivo al potere della Merkel, il deficit tedesco oltrepassava i limiti fissati dal Trattato di Maastricht. In quell’anno lo squilibrio dei conti pubblici fu pari al 3,4% del Pil. La Merkel è riuscita a ribaltare la situazione già nel 2007 con il raggiungimento di un lieve surplus. Con l’arrivo della crisi economico-finanziaria, il deficit pubblico tornò a superare il 3% nel 2009 e 2010, tuttavia, a partire dal 2014 il governo tedesco ha inanellato un surplus dietro l’altro (nel 2016 il surplus ha quasi raggiunto l’1% del Pil).
Il debito pubblico del paese è sugli stessi livelli del 2005 (l’ultima rilevazione lo fissa al 67% del Pil).

Nel 2012, in piena crisi del debito dell’eurozona, il rapporto debito/Pil si spinse fino all’80% per poi retrocedere di ben 13 punti negli anni successivi. Questi risultati sono anche frutto dell’ossessione tedesca per il mantenimento di un equilibrio dei conti nel lungo termine, basato sulla stabilità e flessibilità dei prezzi (il controllo dell’inflazione prima di tutto). Questo è uno dei punti chiave per spiegare i contrasti con gli altri paesi dell’eurozona, perché l’ortodossia tedesca rende più complicato per gli altri paesi la riduzione degli squilibri.

I lati oscuri e le sfide

Nonostante il quadro descritto, la Germania deve fare i conti con alcuni problemi: un mercato del lavoro sempre più duale, le ripercussioni derivanti del forte invecchiamento della popolazione, la gestione dei flussi migratori. Nell’ultimo decennio è aumentata di molto la fetta di lavoratori a rischio povertà e si è impennata la percentuale di lavoratori che svolgono più di un lavoro. La nascita di un mercato del lavoro duale viene sancita di fatto con la creazione, nel 2003 dal governo a guida Gerhard Schroeder, dei minijobs, contratti esenti dal versamento di contribuiti previdenziali che prevedono un salario di 450 euro al mese.

Il paese si imbarcò in una serie di riforme del mercato del lavoro che vengono additate come le cause principali sia del dualismo del mercato del lavoro sia delle vittorie di Angela Merkel. Il coefficiente di Gini –che misura il livello di concentrazione dei redditi- è passato da 25 nel 2005 a 30 nel 2016. L’evoluzione sfavorevole di tale coefficiente sarebbe dovuta proprio all’eccessiva precarietà di un numero crescente di lavoratori.

L’attuale momento felice dell’economia tedesca potrebbe finire nel medio termine. Il cambiamento demografico in corso –comune a tutto l’Occidente- pone nuove sfide in materia previdenziale e di spesa pubblica.

A cura di: Rocki Gialanella

Parole chiave:

germania disoccupazione minijobs esportazioni
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