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Fmi, Russia, Brasile e Sudafrica sotto la lente

18/10/2017

Dopo avere analizzato l’aggiornamento del Fondo Monetario Internazionale sulle due più importanti economie emergenti, India e Cina, il cui andamento ha riflessi su tutto il pianeta, è interessante vedere come la stessa istituzione vede gli altri tre paesi che fanno parte dei cosiddetti Brics: Russia, Brasile e Sudafrica. Si tratta in questo caso di potenze regionali, vale a dire nazioni che hanno un’influenza decisiva nel loro continente o comunque in una vasta area confinante. Inoltre sono economie fortemente dipendenti dalla produzione di materie prime.

Ma vediamo le singole realtà.

Brasile. Il paese viene da un periodo molto difficile, in cui è successo praticamente di tutto: il crollo delle materie prime, la destituzione del presidente e l’avvento di un nuovo leader del paese a sua volta con grossi problemi giudiziari, rivolte sociali, la caduta dei mercati azionari e della valuta. Due o tre anni fa in pratica pochi scommettevano su un paese che soltanto nel 2016 ha visto una diminuzione del Pil del 3,6%. Ma da quest’anno le cose sembrano totalmente cambiate: secondo l’Fmi il prodotto interno lordo reale, cioè al netto dell’inflazione, nel corso del 2017 dovrebbe fare segnare +0,7% per arrivare a +1,5% nel 2018. Si tratta di un risultato ancora nettamente inferiore alla crescita globale (+4,6% nel 2017), ma quasi miracoloso se si pensa qual era la situazione precedente.

Bene anche l’inflazione, passata dall’8,7% al 3,7% attuale e prevista su livelli di stabilità anche il prossimo anno: il risultato è stato talmente positivo che la Banca centrale brasiliana ha abbassato il tasso di riferimento di 100 punti base e il real ha avuto una netta rivalutazione rispetto al dollaro.

Certo non tutto è idilliaco: la bilancia delle partite correnti è ancora in negativo, anche se non in maniera drammatica (-1,9% nel 2017 e -2,1% nel 2018), il tasso di disoccupazione è salito dall’11,3% dell’anno passato al 13,1% attuale e l’instabilità politica è tuttora molto forte. Ma nel complesso i mercati hanno giudicato che sulla base di questi dati investire sul Brasile è un buon affare.

Russia. Un’altra realtà che è stata decisamente in difficoltà e che oggi sta vedendo una spettacolare rimonta. Il crollo dei corsi del petrolio negli anni passati (la Russia resta ancora totalmente dipendente dall’estrazione di gas e greggio), l’isolamento politico, che ha portato a sanzioni economiche, la fuga di capitali all’estero e un’endemica mancanza di investimenti avevano ridotto il paese in condizioni molto difficili.

Ma, secondo l’Fmi, il momento duro sembra passato: il Pil da -0,2% del 2016 quest’anno è previsto a +1,8%, per poi calare leggermente a +1,6% nel 2018. Molto bene anche l’indice dei prezzi al consumo, sceso da +7,0% all’attuale +4,2% con la prospettiva di calare al 3,9% nel 2018. Buoni risultati anche dalla bilancia delle partite correnti, cresciuta da +2,0% nel 2016 all’atteso +2,8% nel 2017 e +3,2% nel 2018. Certo le previsioni su questo dato sono strettissimamente collegate all’andamento dei corsi del petrolio, che restano uno degli elementi economici più difficili da prevedere. Stabile la disoccupazione al 5,5%, che fa bene sperare sulla tenuta dei consumi, già abbastanza alti.

In pratica un paese che, sia pure con enormi incertezze e difficoltà, sta ritornando in auge.

Sudafrica. Nell’Africa subsahariana rappresenta il maggiore polo di attrazione e con la sua economia basata sull’estrazione di materie prime di ogni genere è molto dipendente dai mercati delle commodity. Anche in questo caso gli anni passati sono stati difficili e il paese, anche se in recupero, non sembra avere totalmente superato la sua crisi. Il Pil si muove in senso positivo, ma abbastanza di poco: +0,3% nel 2016, +0,7% nel 2017 e +1,1% previsto nel 2018. L’inflazione è abbastanza stabile ed è scesa dal 6,5% del 2016 al 5,4% nel 2017, mentre la bilancia delle partite correnti resta negativa in tutto il triennio preso in considerazione a -3% circa. La disoccupazione è addirittura in leggero aumento intorno al 27%, indubbiamente un livello molto alto, anche se non certo eccezionale in Africa.

In pratica una realtà che sta lentamente crescendo, ma che non sembra avere la spinta degli altri due Brics che abbiamo considerato precedentemente. Difficile che i mercati di questa area possano avere performance eclatanti.

A cura di: Alessandro Secciani

Parole chiave:

fmi brasile russia sudafrica
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