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Famiglie meno ricche e con bassa cultura finanziaria

Il basso tasso della cultura finanziaria degli italiani non implica che questi non siano attenti ai rischi e parsimoniosi nella gestione delle finanze personali. È quanto emerge dal rapporto Consob 2019 su “L’approccio alla finanza e agli investimenti delle famiglie italiane”.

20/11/2019
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I dati sulla ricchezza delle famiglie italiane

La maggioranza degli italiani (più dell’80%) è propensa a condividere le proprie scelte finanziarie, è prevalentemente avversa al rischio e alle perdite e si riconosce capacità elevate nella gestione delle finanze personali in più del 40% dei casi. Un dato, quest’ultimo, che stride con il loro basso tasso di cultura finanziaria. È questa la fotografia che emerge dal rapporto Consob 2019 su “L’approccio alla finanza e agli investimenti delle famiglie italiane”, il quale rivela anche come stia diminuendo la ricchezza delle famiglie del nostro Paese, così come i loro investimenti stiano andando strettamente in sintonia con la loro ridotta capacità di risparmiare. Il 30% degli individui dichiara comunque di essere molto ottimista, mentre la fiducia negli operatori finanziari è poco diffusa.

“Contenute” le nostre conoscenze finanziarie

La quasi totalità del campione (3.058 soggetti rappresentativi dei decisori finanziari italiani, che per tre quarti sono uomini), sembra incline a seguire l’approccio tipico della contabilità mentale nella gestione dei propri investimenti, mentre un quarto degli intervistati sembra esposto a errori riconducibili a errori di valutazione. L’Osservatorio ha posto un particolare accento sul fatto di come siano “contenute” le conoscenze delle nozioni finanziarie più semplici degli investitori del Belpaese. Davvero pochi, infatti, sono gli italiani che sanno in cosa consiste l’inflazione o sanno mettere in relazione grado del rischio e rendimento di un investimento. Allo stesso modo, trovano difficoltà a descrivere sia concetti come diversificazione del portafoglio, sia le differenze tra le varie tipologie di mutui o di tassi di interesse.  

La maggioranza non sa fare una percentuale 

Infatti, il 21% degli intervistati non conosce nessuna delle nozioni di base (inflazione, relazione rischio/rendimento, diversificazione, caratteristiche dei mutui, interesse composto) e delle nozioni avanzate (riferite ai titoli obbligazionari) proposte nella ricerca. Solo il 12% mostra padronanza di quattro dei sette concetti presentati e solo il 2% definisce correttamente tutte le nozioni. Con riferimento alla consapevolezza del proprio livello di conoscenze finanziarie, in media il 34% del campione mostra un disallineamento fra conoscenze reali e conoscenze percepite. Il divario tra conoscenze reali e valutazione ex post (ossia successiva alla verifica puntuale delle nozioni prima menzionate) mostra invece una sovrastima della propria cultura finanziaria nel 28% dei casi. Gli intervistati si connotano anche per un basso livello di ‘numeracy’, come si evince dal fatto che il 54% non è in grado di eseguire un semplice calcolo percentuale. 

La ricchezza netta superiore alla media europea

Nel 2018 l’attività finanziaria delle famiglie italiane (depositi, investimenti in titoli, azioni e obbligazioni) ha registrato una contrazione del 3,1% (-0,5% nell’Eurozona), a fronte di un aumento delle attività reali del 2,7% e un calo delle passività pari allo 0,7%. Nel complesso, la loro ricchezza netta rispetto al reddito disponibile si è confermata superiore alla media dell’Eurozona (a fine 2018 rispettivamente a 8,2 e 7,7), mentre il tasso di risparmio domestico, pari al 10% circa e in lieve crescita per la prima volta dal 2014, resta ancora sotto il valore registrato nell’Eurozona (anche questo in lieve rialzo). La ricerca Consob conferma tuttavia la distanza tra il Belpaese e l’Eurozona per quanto riguarda l’incidenza del debito delle famiglie sul Pil (a fine 2018 pari rispettivamente al 40% e al 60%).  

Fondi comuni e Bot: gli investimenti preferiti

Alla fine dello scorso anno il 30% delle famiglie del nostro Paese ha dichiarato di possedere almeno un’attività finanziaria, rappresentata da fondi comuni e titoli di Stato italiani, rispettivamente nel 26% e nel 18% dei casi (stabili su base annua). La mancanza di risparmi rappresenta il maggior deterrente all’investimento, seguito dalla mancanza di fiducia nel sistema finanziario. Un investitore su due utilizza una sola fonte informativa per prendere decisioni di investimento, preferendo di gran lunga il supporto di un esperto (consulente finanziario o funzionario della banca) alla consultazione in autonomia di documenti informativi sui prodotti come il prospetto. Nelle scelte di investimento, il 20% degli individui si affida a un consulente finanziario o a un gestore che consulta anche in fase di monitoraggio del proprio portafoglio. Il 40% degli investitori ricorre alla cosiddetta consulenza informale, ossia ai consigli di amici e parenti (talvolta attivi nel settore finanziario), e altrettanti decidono in autonomia. 

A cura di: Fernando Mancini

Parole chiave:

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