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The day after

27/06/2016

 

«Ora ho il coraggio di sognare che l'alba stia arrivando su un Regno Unito indipendente». Così Nigel Farage, leader dell’Ukip (l’United Kingdom Independence Party, il Partito per l'Indipendenza del Regno Unito), ha salutato la vittoria del referendum che, dopo un serrato testa a testa, ha visto il successo del fronte favorevole all’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea.

Alle sette del mattino del 24 giugno, uno scenario che fino a qualche settimana fa sembrava apocalittico è, infatti, diventato realtà: il Regno Unito ha votato per lasciare l’Europa. I favorevoli all’uscita dall’Unione hanno vinto con una percentuale che si avvicina al 52% e un vantaggio di oltre un milione di voti. Come hanno reagito i mercati a questa clamorosa notizia? Si direbbe molto male. I dati che in questo mondo non sono importanti, ma fondamentali, già segnalavano che nella notte l'indice Nikkei aveva lasciato sul terreno il 7,92%, mentre alle 15:30 i principali listini del Vecchio continente sono accumunati dal segno rosso: a Piazza Affari il Ftse Mib ha ceduto l’11,44%, mentre l'All Share segnava -10,59%. Anche Francoforte, Madrid, Parigi, Amsterdam e Lisbona non hanno fatto eccezione subendo una flessione, rispettivamente, del 6,50%, dell’11,89%, del 7,96%, del 5,88% e del 7,17%.

Certo, anche nell’isola britannica, epicentro dello tsunami, non se la passano meglio: Londra ha lasciato alla stessa ora sul terreno solo il 3,54%, ma ha visto crollare il valore della sterlina, scambiata a 1,37 dollari (-8,74%), uno dei valori più bassi degli ultimi 30 anni. Neanche il tempo di riprendersi da questa lunga serie di batoste, in gran parte inaspettate, ed ecco che giunge sui mercati l’ennesima notizia shock: David Cameron ha annunciato le sue dimissioni da premier britannico. Preparatevi, quindi, ad altra incertezza e volatilità.

LE CONSEGUENZE NEL MEDIO PERIODO

Come si era già intuito dopo l’ufficializzazione del voto, l’incertezza sui mercati tornerà ancora una volta a farla da padrone, considerando che la vittoria della Brexit aprirà un lungo periodo transizione che sarà caratterizzato da lunghe trattative con l’Unione Europea per stabilire i tempi e termini per l’uscita graduale della Gran Bretagna dal consesso continentale. Secondo il Trattato di Lisbona i 27 paesi membri dell’Ue dovranno a loro volta ratificare l’exit strategy e ci potrebbero volere non meno di due anni per arrivare alla decisione definitiva. Questo lasso di tempo, non certo breve, e l’insicurezza a esso associata, potrebbe (anzi, dovrebbe) frenare gli investimenti del Regno Unito finendo per mettere sotto pressione la crescita e i profitti delle società britanniche. Questo fattore potrebbe limitare ancora di più le prospettive di crescita dell’isola, dopo i segnali di debolezza manifestatasi già un secondo dopo l’annuncio della convocazione del referendum. Anche se il termine recessione fa una certa paura, nelle loro analisi, non pochi strategist e gestori, hanno iniziato a utilizzare questa parola con una frequenza sempre più preoccupante. Non da meno, Londra rischia di perdere lo status di capitale finanziaria d’Europa, un’eventualità che non solo creerebbe delle problematiche sul fronte del mercato del lavoro, ma ben più grave, limiterebbe la possibilità alle banche Uk di esportare il proprio business Oltremanica. Fortunatamente, quasi immediatamente, la Banca d'Inghilterra si è dichiarata pronta a sostenere l'economia nazionale con oltre 250 miliardi di sterline per ammorbidire l'impatto della decisione uscita dalle urne. Basteranno?

LE CONSEGUENZE NEL RESTO DEL CONTINENTE

L’esito delle urne dovrebbe portare prevedibilmente a un forte calo della propensione al rischio. E in questo scenario bisognerà iniziare a guardare con cautela non solo alle azioni inglesi ma anche a quelle delle società europee, a tutto vantaggio dei titoli di Wall Street. La conseguenza che più ci riguarda da vicino è che con la Brexit potrebbe verificarsi un effetto contagio nei confronti delle nazioni più deboli della periferia europea, Spagna e Italia in primis, e gli spread in progresso (160 per il Bel paese +18,5% in poche ore), va da sé, sono lì a testimoniarlo. Come consuetudine, tuttavia, è atteso un intervento diretto e pesante della Banca centrale europea che già nelle scorse settimane si era preparata «a qualunque eventualità in caso di voto favorevole alla Brexit».

A cura di: Rocki Gialanella

Parole chiave:

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