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Salgono le aspettative d’inflazione

19/10/2016

Continua ad aumentare il livello di liquidità nei portafogli dei gestori. Crescono le attese per un aumento dell’inflazione nei paesi industrializzati e si tende a sovrapesare le azioni dei paesi emergenti

Nel corso dell’ultimo mese, il livello di liquidità presente all’interno dei portafogli dei money manager coinvolti dall’inchiesta realizzata da Bank of America Merrill Lynch ha raggiunto il 5,8%, in ulteriore incremento rispetto al 5,5% della precedente rilevazione. Questo dato, secondo molti esperti, implica la presenza di un elevato livello di nervosismo tra gli investitori a causa dell’approssimarsi delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti (fissate per l’8 novembre). Tra le variabili causa di preoccupazione è invece scemato il peso –ma non di tanto- ascrivibile agli effetti delle modalità che saranno adottate per dare seguito alla Brexit.

Un’altra variabile che giustifica la prudenza dei gestori di fondi è il dato che fotografa le aspettative d’inflazione, che ora si trova sui massimi degli ultimi sedici mesi. Le attese per un’accelerazione dell’inflazione hanno aumentato la percezione di valutazioni eccessivamente ‘tirate’ per i titoli di Stato e le obbligazioni investment grade, ma anche su alcuni segmenti dei listini azionari.

Forse è per questa ragione che gli esperti, per la prima volta dal dicembre 2012, hanno cominciato ad abbandonare una posizione underweight sulle materie prime e detengono la maggiore percentuale di portafoglio investita in azioni e debito emergente degli ultimi tre anni e mezzo. I risultati dell’ultima inchiesta evidenziano il miglior posizionamento (inteso come ratio sul totale del portafoglio gestito) sui listini emergenti rispetto a quelli industrializzati da febbraio 2013.

A livello di asset allocation settoriale, negli ultimi mesi si è messa in moto una rotazione verso i titoli bancari e finanziari in generale, caratterizzata dalla più elevata sottoscrizione mensile degli ultimi due anni. I flussi in entrata hanno coinvolto anche il settore delle materie prime, i listini azionari dei paesi emergenti e dell’area euro (in scia alle attese di una prossima rivalutazione della moneta unica).

Al contrario, i deflussi più consistenti hanno interessato i bond, i Reits, le azioni del comparto telecomunicazioni e salute, cioè l’insieme di attività che negli ultimi anni ha tratto maggiore beneficio dalla politica monetaria ultra espansiva perseguita dalle banche centrali con l’adozione di tassi d’interesse prossimi allo zero e i programmi di quantitative easing.

Il peso del segmento azionario all’interno dei portafogli si è portato verso i valori massimi registrati negli ultimi sette mesi (l’11% degli esperti interpellati manifesta un sovrapeso sui titoli di rischio). In ogni caso, la percentuale resta sotto la media storica di lungo termine.

I risultati mostrano che gli investitori istituzionali stanno gradualmente abbandonando, per la prima volta da dicembre del 2012, le posizioni overweight sul settore delle materie prime.

L’ultima inchiesta non evidenzia cambiamenti significativi nell’asset allocation per regioni o aree geografiche.  Il peso dell’azionario statunitense resta sostanzialmente invariato rispetto alla rilevazione del mese precedente, con una percentuale di gestori propensi alla sottoponderazione dell’asset del 7%. Riguardo all’azionario Europa, il 5% degli intervistati si decanta a favore di un sovrapeso. Quando si parla di emergenti, si nota che l’asset class continua a fare proseliti perché il numero di esperti propensi a sovrapesarla è ai massimi degli ultimi tre anni e mezzo.

A cura di: Rocki Gialanella

Parole chiave:

asset allocation inflazione liquidità emergenti
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