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Azionario globale, affinità e divergenze fra il 2007 e oggi

16/10/2017

Avevamo visto che l'azionario globale (in dollari) nei primi nove mesi dell'anno aveva evidenziato alcuni trend generali complessivamente molto positivi. A questo punto, però, diventa interessante anche mettere in rilievo somiglianze e divergenze con gli ultimi anni prima della grande crisi finanziaria, ormai di un decennio fa, l'ultima fase caratterizzata da una stretta monetaria da parte della Federal Reserve.

I punti di contatto con quell'epoca non sono secondari: oggi come allora siamo di fronte a una stretta monetaria, caratterizzata da una sfasatura fra un'America più avanti nel ciclo e un'Europa ancora in pieno stimolo espansivo. Inoltre in entrambi i casi veniamo da molti anni di crescita delle quotazioni azionarie, a seguito di un disastroso crollo. In ambedue le situazioni indubbiamente gli tsunami di denaro a basso costo hanno dato il loro bel contributo a uscire da crisi che altrimenti con ogni probabilità sarebbero state molto più gravi di quanto si sono poi rivelate.

Le similitudini, però, di fatto finiscono qui, mentre le differenze sono tante e profonde. Innanzitutto a livello macro oggi il mondo cresce molto meno e diverse volte abbiamo visto che sostanzialmente da fine 2007 a fine 2016 l'unica realtà a vedere un cambiamento tangibile e sostanziale è stata la Cina. Né la ripresa attuale sembra destinata a cambiare più di tanto la situazione.

Per quanto riguarda quest'ultimo aspetto va ricordato che l'Europa è stata a lungo negli ultimi anni completamente isolata dal pur fiacco ciclo di crescita globale, mentre nella prima fase dell'era euro l'andamento del Vecchio continente non aveva nulla da invidiare agli Usa. E poi ci sono gli emergenti, che vivono oggi in una situazione completamente diversa da quella di un decennio fa, quando erano all'apice di quello che è stato forse il loro momento migliore.

Tutto ciò si è riflesso anche nel diverso andamento delle quotazioni borsistiche: nel 2007 per l'unica volta da metà anni ‘90 il P/E forward degli emergenti risultò superiore a quello delle nazioni sviluppate, mentre oggi su quei mercati si sta scambiando con uno degli sconti maggiori. Nella prima parte del secolo inoltre pure l'Europa mostrò ottime performance relative rispetto a una Wall Street in fondo in tono minore. L'era post-crisi finanziaria invece ha visto il dominio assoluto dell'equity statunitense, caratterizzato pure da un lungo bull market del dollaro: anche in questo caso si tratta di un fenomeno opposto rispetto al 2005-2007.

In compenso sono ormai tre anni che le materie prime quotano a corsi piuttosto depressi con prevedibili conseguenze sull'inflazione, o meglio sulla sua assenza, e all'orizzonte non si vede certo un nuovo 2011, anno in cui per molte risorse naturali fu raggiunto il nuovo massimo storico.

Insomma viviamo in un mondo per certi versi completamente diverso per caratteristiche economiche e finanziarie se paragonato al recente passato, per tacere poi del differente peso assunto in questi ultimi anni da parte dell'economia digitale. Inoltre resta il fenomeno di una creazione di debito molto più rapida e pervasiva rispetto all'aumento del Pil planetario, nonché un livello di leva non indifferente nel sistema.

Quale dei due aspetti prevarrà? La possibilità di vedere un recupero in molte zone del mondo fuori dagli Usa o le difficoltà indotte da una stretta finanziaria forse troppo prematura? Per rispondere a questa domanda sarà necessario analizzare nel dettaglio alcune caratteristiche del quantitative easing americano.

A cura di: Boris Secciani

Parole chiave:

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