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Meno disoccupati, più inflazione?

19/12/2017

L’Istat, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, l’Inps, l’Inail e l’Anpal hanno pubblicano sui rispettivi siti web la quinta “Nota trimestrale congiunta sulle tendenze dell’occupazione relativa al terzo trimestre 2017”. Come sappiamo bene questa variabile incide profondamente sull’inflazione: in teoria più occupati ci sono, maggiore è la pressione sui salari, più alta è l’inflazione, che da anni rappresenta uno dei punti dolenti dello scenario macroeconomico. Va da sé che le banche centrali siano costantemente impegnate per alzarla, spesso con risultati molto modesti. La vera difficoltà è stata paradossalmente la deflazione, vale a dire la diminuzione del costo della vita, che è indice di economie che non si sviluppano, di consumi scarsi, di disoccupazione e di dinamiche salariali piatte. 

Nel terzo trimestre 2017 è proseguita la tendenza all’aumento dell’occupazione su base annua e in termini congiunturali. Le dinamiche del mercato del lavoro si sono sviluppate in un contesto di significativa e persistente crescita del prodotto interno lordo, che ha segnato nuovamente un aumento congiunturale dello 0,4% con un tasso di crescita tendenziale all’1,7%; l’input di lavoro misurato in termini di Ula (unità di lavoro equivalenti a tempo pieno) mostra una dinamica pressoché analoga a quella del Pil (+0,5% sotto il profilo congiunturale e +1,3% in termini tendenziali). Il tasso di occupazione destagionalizzato è risultato pari al 58,1%, in crescita di due decimi di punto rispetto al trimestre precedente. Considerando l’ultimo decennio (2008-2017), il tasso aumenta di oltre due punti percentuali rispetto al valore minimo (terzo trimestre 2013, 55,4%), proseguendo nella tendenza al recupero dei livelli massimi pre-crisi (58,8% nel secondo trimestre del 2008).

In questo contesto, l’insieme dei dati provenienti dalle diverse fonti mette in luce che la crescita tendenziale dell’occupazione è ancora interamente determinata dalla componente del lavoro dipendente in termini sia di occupati (+2,3%, Istat, Rilevazione sulle forze di lavoro) sia di posizioni lavorative riferite specificamente ai settori dell’industria e dei servizi (+3,6%, Istat, Rilevazione Oros). Il lavoro indipendente, invece, continua a diminuire a livello sia tendenziale (-99 mila occupati, -1,8%), sia congiunturale (-22 mila occupati, -0,4%) sebbene con ritmi meno intensi in confronto allo scorso trimestre. Le posizioni lavorative dipendenti presentano, nei dati destagionalizzati, un incremento congiunturale concentrato nel settore dei servizi.

Nel terzo trimestre 2017 le attivazioni sono state 2 milioni 335 mila e le cessazioni 2 milioni 260 mila, determinando un saldo positivo di 75 mila posizioni di lavoro dipendente. Ciò è sintesi della crescita nei servizi (+77 mila posizioni) e, seppure ridotta, nell’industria in senso stretto (+12 mila), della stabilità nelle costruzioni, e della riduzione nell’agricoltura (-14 mila). Andamenti analoghi si riscontrano nelle posizioni lavorative dei dipendenti del settore privato extra-agricolo (Istat, Rilevazione Oros) dove la variazione congiunturale di 0,9% (+116 mila posizioni) è dovuta a un aumento consistente nei servizi (+1,2%, +97 mila posizioni) e meno marcato nell’industria in senso stretto (+0,5%, +18 mila) a fronte di una variazione sostanzialmente nulla nelle costruzioni. Con riferimento alla tipologia contrattuale, l’aumento congiunturale delle posizioni lavorative dipendenti è la sintesi di un incremento di 81 mila posizioni a tempo determinato e di un lieve calo a tempo indeterminato (-6 mila). 

A cura di: Massimiliano D'Amico

Parole chiave:

occupazione inflazione pil
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