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Dollaro: la sua corsa sta per finire?

Ci sono segnali che il dollaro possa aver raggiunto il picco nel primo trimestre e che abbia iniziato di recente a indebolirsi. Lo sostengono gli analisti di T. Rowe Price, secondo i quali la divisa statunitense potrebbe perdere parte del suo fascino di porto sicuro mantenuto finora.

04/08/2020

Il dollaro potrebbe presto perdere parte del suo fascino di ‘porto sicuro’. Lo sostiene Ken Orchard, gestore del T. Rowe Price Funds SICAV – Diversified Income Bond, secondo cui ci sono quattro segnali che rivelano che la lunga corsa della valuta Usa potrebbe esaurirsi nel 2020. Nel corso degli ultimi anni, caratterizzati da eventi ‘sismici’ come Brexit e la pandemia di coronavirus, il biglietto verde “ha rappresentato un solido pilastro, dimostrando maggiore resilienza rispetto alle altre principali valute e fornendo stabilità agli investitori”. Tuttavia, afferma l’esperto, “ci sono segnali che il dollaro possa aver raggiunto il picco nel primo trimestre e che abbia iniziato di recente a indebolirsi”.

Già prima della pandemia era sopravvalutato

Già a fine 2019 gli analisti di T. Rowe Price avevano segnalato che il dollaro era sopravvalutato dell’8% circa rispetto ad altre 26 valute (emergenti e sviluppate) e l’avvento della pandemia non ha fatto altro che aumentare ulteriormente il suo valore, dato che viene solitamente percepito come ‘bene rifugio’ di riferimento. L’inizio di un nuovo ciclo potrebbe portare a un’inversione di tendenza e porre fine a uno dei rally più lunghi scritti dal biglietto verde. Anche perché, come rileva Orchard, non bisogna dimenticare il fatto “che prima della pandemia la forza del dollaro coincideva con livelli record toccati dagli indici azionari Usa, come il Nasdaq”.

La congiuntura Usa potrebbe essere in ritardo

Il secondo elemento d’incertezza per il dollaro è rappresentato da un potenziale rimbalzo della crescita mondiale nella seconda metà dell’anno. Anche se a prima vista i dati macro risultano negativi, le performance dei Paesi in Asia ed Europa hanno comunque assunto un positivo andamento di fondo, al contrario di quanto evidenzia la congiuntura statunitense. Il ‘sentiment’ d’Oltreoceano segnala una certa mancanza di ottimismo per una rapida ripresa: “ciò non significa che gli Usa siano destinati ad essere in ritardo rispetto al resto del mondo, ma rende molto probabile che – sottolinea il gestore - l’era dell’‘eccezionalismo’ statunitense degli ultimi anni sia vicino alla fine, minacciando il podio del dollaro”.

Niente più differenziale tra i tassi di interesse

A giocare contro l’interesse per il dollaro è anche il venir meno di uno dei motivi più attraenti di cui ha beneficiato per molto tempo, ossia il tasso di interesse più elevato rispetto ai competitor. Un punto di sostegno che potrebbe contribuire non poco alla caduta della divisa Usa. Nel 2017 e nel 2018, ricorda Orchard, la Fed ha alzato i tassi sette volte (mentre le altre Banche centrali perseguivano una politica espansiva), contribuendo a fornire propellente al biglietto verde. Nel 2019 la Fed ha cambiato rotta e nel 2020, con il Covid-19, i suoi tassi sono tornati su livelli molto simili agli altri Paesi sviluppati, come Eurozona e Giappone, riducendo quindi molto il fattore di spinta.

Il dollaro pesa sempre meno nelle riserve globali

“Anche il cambiamento nella composizione delle riserve di valute estere delle Banche Centrali potrebbe indicare che il dollaro si trova su una strada in discesa” stima Orchard, secondo cui “diversi Istituti, come la Banca Centrale Russa, hanno tentato di ridurre le transazioni in dollari, mentre banchieri centrali come Mark Carney, fino a marzo Governatore della Bank of England, hanno affermato che il ruolo del dollaro nel sistema finanziario globale dovrebbe essere ridotto”. Secondo i dati del Fondo Monetario internazionale, il biglietto verde rappresentava circa il 57% delle riserve delle Banche centrali a fine 2019, ma questo ammontare nel corso dell’anno è comunque diminuito.

Due incognite: le presidenziali e nuovi focolai di coronavirus

A premere sul dollaro è anche il contesto politico: le elezioni presidenziali potrebbero contribuire a mettere in difficoltà la valuta. “Se il candidato democratico Joe Biden dovesse vincere, o semplicemente se tale scenario sembrerà più probabile con l’avvicinarci alle elezioni, il dollaro – secondo il gestore - potrebbe indebolirsi, con l’aspettativa che le politiche protezionistiche di Donald Trump verranno meno”. Nonostante questi fattori, conclude “non c’è garanzia del fatto che il dollaro rallenterà”. La valuta, infatti, “mantiene alcune caratteristiche di bene rifugio, molto apprezzate in fasi di incertezza”. Se poi la pandemia dovesse persistere dopo l’estate “ci aspettiamo che gli investitori torneranno a favorire il dollaro”.

A cura di: Fernando Mancini

Parole chiave:

dollaro sicav congiuntura
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