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Dollaro: a rischio debolezza sul medio termine
Le tensioni sull’indipendenza della Fed e i segnali di rallentamento del mercato del lavoro rafforzano l’idea di possibili politiche monetarie più espansive, che indebolirebbero il dollaro. La recente stabilità della valuta ha eliminato il premio al rischio legato alle sue fragilità strutturali.

Negli ultimi mesi, il dollaro ha attraversato fasi alterne: prima sembrava destinato a indebolirsi, poi ha ritrovato forza e ora i segnali tornano a indicare una possibile discesa della valuta americana. In altre parole, il biglietto verde è di nuovo oggetto di venti contrari che spingono verso un orizzonte nuvoloso. Gautam Kalani, EM FX strategist e portfolio manager di RBC BlueBay, descrive l’andamento del dollaro come un viaggio su un ponte che porta a una meta precisa. Più esattamente, la ‘destinazione finale’ sarebbe una fase di debolezza nel medio termine, spinta da fattori strutturali: i dubbi sull’indipendenza della Federal Reserve, l’incertezza sulla politica economica di Washington e la crescente necessità, per gli investitori stranieri, di proteggersi dal peso degli asset statunitensi che hanno in portafoglio.
Dollaro: dai timori di inizio anno alla forza di giugno
Lo stesso ‘ponte’ - spiega il gestore - poggia i propri pilasti anche su fattori di breve periodo, come sono il mercato del lavoro o i differenziali di tasso d’interesse: un mix di difficile lettura che accompagna la divisa statunitense in questo percorso. A fare da vento in poppa - o da ostacolo - ci pensa infine il posizionamento degli investitori, cioè come i mercati si muovono effettivamente sulla valuta. Gli scenari che gli hanno fatto da sfondo in questi mesi non sono stati d’altronde lineari, ma hanno offerto molteplici interpretazioni a causa delle molte variabili che, di volta in volta, si sono presentate. All’inizio dell’anno, la scommessa su un dollaro più debole sembrava quasi ovvia: pesavano le tensioni commerciali, il rialzo dei tassi a breve e il nervosismo degli investitori, molto esposti sul biglietto verde.
Dollaro: oggi le carte tornano a cambiare
Improvvisamente, a giugno, lo scenario si è capovolto. I timori per le tensioni commerciali e per i dazi e la politica economica dell’Amministrazione Trump si erano ridotti, con la complicità di una congiuntura statunitense che continuava a mostrare segnali di forza e di differenziali di tasso a favore del dollaro. Un quadro che vedeva contestualmente molti investitori speculativi che, in precedenza, avevano scommesso contro la valuta Usa (con posizioni corte che, nel caso di un rialzo del dollaro, li avrebbe costretti a chiudere le posizioni comprando dollari, alimentando così ancora di più la sua forza). Risultato: la banca d’affari, spiega Kalani, a inizio giugno ha assunto una posizione neutrale sul dollaro, in un mercato privo di chiari segnali di ribasso o rialzo. Oggi, però, i fattori sembrano di nuovo riallinearsi contro il dollaro.
L'azione della Fed pesa sul biglietto verde
La svolta coincide con l’aumento delle pressioni sull’indipendenza della Fed, alimentate dal tentativo della Casa Bianca di rimuovere dal board il Governatore Lisa Cook e dalle voci su un piano dell’Amministrazione per influenzare la Banca centrale attraverso le nomine future. Sul fronte macro, nel frattempo, diminuiscono le certezze: il mercato del lavoro mostra segnali di rallentamento. Certamente, secondo il gestore, non si parla di un’imminente recessione, ma di un’economia che richiede maggiore attenzione da parte della Fed: se è pronta a ridurre i tassi o ad adottare politiche più espansive, questo tenderà a indebolire il dollaro perché diventa meno attraente rispetto ad altre. Nel frattempo, la pressione speculativa sul ribasso del dollaro è diminuita (le posizioni corte si sono dimezzate rispetto al picco di giugno).
I dati sul lavoro non convincono
I dati confermano la perdita di slancio: le buste paga, l’indagine JOLTS e il report ADP hanno deluso, con salari cresciuti molto meno del previsto e un calo diffuso nei settori ciclici. I tagli annunciati dalle aziende ad agosto sono stati i peggiori del mese dal 2020 e, prima ancora, dal 2008. Inoltre, per la prima volta dal 2021, ci sono più disoccupati che posti vacanti, con netto aumento della disoccupazione giovanile. Nonostante i differenziali di tasso si siano mossi a sfavore del dollaro, la valuta è rimasta sorprendentemente stabile. Questo - sottolinea Kalani - ha però cancellato il ‘premio al rischio’ che finora teneva conto delle fragilità strutturali, come i dubbi sull’indipendenza della Fed. Per il gestore, il quadro attuale crea un’opportunità interessante per puntare contro il dollaro: i fattori ciclici sembrano pronti a fare da ‘ponte’ verso una debolezza strutturale di medio termine, e questa volta il vento potrebbe soffiare nella direzione giusta.
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