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Il falso dinamismo delle turbo-economie

06/05/2019

In un precedente articolo abbiamo visto che nei cinque esercizi compresi nel periodo 2014-2018 il Pil pro capite calcolato a parità di potere d'acquisto dell'Italia è rimasto praticamente invariato nei confronti delle economie più brillanti da una generazione a questa parte. Data la debolezza della ripresa italiana negli ultimi anni, un simile sviluppo costituiva un segnale sicuramente preoccupante per il mondo in generale. Infatti per oltre 20 anni l'Italia non ha fatto altro che perdere terreno rispetto a questo gruppo di economie, con una costanza e un'intensità impressionanti.

Nell'ultimo lustro sembra che l'intero pianeta (o quasi) si sia addormentato, conclusione che emerge anche analizzando l'andamento italiano in rapporto con l'area geografica più dinamica del mondo, ossia l'Asia&Oceania. Partiamo da quest'ultima e specificatamente dall'Australia. Questa economia non vede una recessione tecnica dal 1991 con un modello economico incentrato sempre meno sulle risorse naturali e sempre più sullo sviluppo immobiliare da esportazione, sull'asset management di enormi quantità di capitali di origine soprattutto asiatica e su un vasto e qualificato sistema universitario, anch'esso in gran parte rivolto alla clientela asiatica.

In pratica, nonostante i successi del modello australiano, nel 2014 il Pil pro capite a parità di potere d’acquisto (Ppp) italiano era il 74,96% di quello dell'Australia, mentre nel 2018 si era addirittura risaliti al 75,68%. Il quadro è stato appena un filo più volatile per quanto riguarda la Nuova Zelanda, economia piccola e quindi soggetta a un certo sbalzo nella crescita. In quest'ultimo caso l'Italia è passata da un Pil intorno al  99,37% a uno pari al 98,76% del livello neo-zelandese.

Il confronto diventa poi decisamente peculiare se si va a osservare le più ricche tigri asiatiche. Per quanto riguarda Hong Kong, una città nella ristrettissima cerchia dei candidati al ruolo di maggiore polo finanziario del mondo, sono stati persi un paio di punti in tutto con l'Italia che è passata dal 63,7% al 61,72%. Incidentalmente un andamento molto simile si è registrato nei confronti di Singapore e di Taiwan.

La perdita di terreno nei confronti della Corea del sud è stata un poco più netta: nel 2014 il Pil pro capite Ppp italiano era ancora di un soffio superiore a quello coreano (+0,28%), mentre nel 2018 era sceso al 95,85%. In tutti questi casi, però, l'andamento è stato incredibilmente più lento rispetto anche solo al periodo immediatamente precedente: ad esempio durante il 2010-2014 il livello italiano è passato dal 16,91% in più rispetto alla Corea a solamente lo 0,28%.

Se dunque neanche la ruggente area del Pacifico non si è mossa più di tanto, non si può fare a meno di chiedersi che cosa sia successo davvero al mondo nell'ultimo mezzo decennio. Ribadiamo: grandi meriti nella frenata dell'emorragia non possono essere ascritti a una ripresa alquanto anemica dell'Italia e di conseguenza appare chiaro che anche gli altri paesi non sembrano avere altre ricette se non aumentare la loro popolazione e gonfiare bolle degli asset con conseguenze spesso alquanto distorsive sul potere d'acquisto locale. Per calcolare il Pil Ppp, infatti, viene usata una metodologia per determinare l'andamento dei prezzi diversa rispetto ai deflatori nazionali. Nello specifico, per chi fosse interessato, il Fondo Monetario utilizza il metodo dei dollari Geary Khamis.

L'Italia dall'altra parte è impegnata in una sorta di deflazione di tutto, dalla propria popolazione in primis ai prezzi degli immobili, il che rende il nostro paese una sorta di Giappone più sgangherato tecnologicamente. Visto il debito pubblico e la limitata leva di politica monetaria a disposizione le prospettive non appaiono delle più entusiasmanti. Dall'altra parte diverse economie dall'assetto decisamente più turbo-capitalistico della nostra sembrano avere colpito anche loro il limite del loro sviluppo.

L'andamento anemico di molti mercati degli asset rischiosi in questi anni è una spia di quanto sta accadendo e nella terza e ultima parte di questa panoramica approfondiremo qualche dettaglio al riguardo.

A cura di: Boris Secciani

Parole chiave:

Italia pil pro capite asia
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