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Mercati: il 2024 sarà l’anno del riscatto per il reddito fisso

In vista del taglio dei tassi nel 2024, gli esperti prendono posizione: ha ridotto il sovrappeso in liquidità a favore dell'azionario. Permangono le incertezze, per questo la diversificazione è importante, e la correlazione tra equity e bond è un fattore chiave nella costruzione del portafoglio.

15/12/2023
Ingresso sede della Borsa di Milano
Prospettive del reddito fisso per il 2024

Il 2024 si preannuncia carico di opportunità per il reddito fisso, nonostante la presenza di diverse incognite che potrebbero segnare i mercati e alimentare la volatilità. Tra queste ne spiccano in particolare tre. La prima sono le presidenziali negli Stati Uniti che, assieme al downgrade del debito, rappresentano certamente pressioni sulla Federal Reserve affinché cerchi di evitare la recessione della principale economia mondiale. Va da sé che qualsiasi decisione prenderà la Fed, questa impatterà in un senso o nell’altro sui mercati finanziari globali. Poi c’è l’economia europea, che sta correndo sul filo della recessione e i cui effetti non sono per ora definibili. Infine, sullo sfondo c’è sempre il fantasma dell’inflazione che si agita, ecco perché gli analisti suggeriscono di continuare a monitorarne il ‘volano’ principale, l’inflazione, anche se per ora sembra aver sterzato.

L’economia statunitense mostra resilienza

È il quadro del 2024 disegnato dagli esperti di T. Rowe Price, secondo cui sarà sì un anno all’insegna dell’incertezza, ma non mancheranno occasioni, soprattutto nel reddito fisso. Gli stessi esperti hanno difficoltà a prevedere lo scenario macro Usa, che potrebbe andare da un hard landing a un soft landing, fino a un no landing. La distorsione derivante da 15 anni di quantitative easing e dalla pandemia rende infatti complicato fare stime. Se è vero che si è parlato di recessione dopo l’inversione della curva dei rendimenti, al termine di un lungo ciclo di rialzi dei tassi, l’economia Usa mostra comunque diversi segnali di resilienza: dal tasso di disoccupazione (3,9%) al PIL (4,9% nel terzo trimestre). Comunque, vista la stretta relazione che ha con la recessione, il mercato del lavoro sarà l’osservato speciale per cogliere i segni di un rallentamento dell’economia più pronunciato negli Usa.

Le incertezze Usa, tra presidenziali e inflazione

Un’altra fonte di incertezza, afferma Yoram Lustig, head of multi-asset solutions EMEA & Latam di T. Rowe Price, sono le elezioni negli Usa che potrebbero influenzare le Fed. Un’altra, aggiunge, è l’inflazione che resta un elemento di attenzione, come conferma la retorica ancora leggermente falco delle Banche centrali, e che per gli esperti resterà un rischio per tutto il 2024. Negli Usa resta su livelli alti, anche se quella core si è attenuata e quella di fondo è scesa velocemente in sintonia con il crollo del greggio. Questo non è avvenuto in Europa, dove il core è la causa della componente più esuberante dei servizi. Per questo Lustig monitora il petrolio, che continua a influenzare direttamente e indirettamente il CPI. I prezzi dell’energia, più in generale, potrebbero comunque risalire nel caso di un inverno piuttosto freddo o con l’acuirsi delle tensioni in Medio Oriente.

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Le Banche centrali potrebbero deludere le aspettative

Alla luce di questo quadro, in T. Rowe Price si aspettano che le Banche centrali potrebbero iniziare a tagliare il costo del denaro l’anno prossimo, anche se non così presto (devono difendere la loro credibilità) come stanno attualmente scontando i mercati. Ecco che gli investitori potrebbero rimanere delusi e, di riflesso, l’impatto di tassi più elevati più a lungo potrebbe frenare ulteriormente l’economia. Il tutto, aggiunge Lusatig, in un contesto completamente nuovo di passaggio dal quantitative easing al quantitative tightening, che potrebbe avere dei risvolti imprevedibili. La Fed dovrebbe essere la prima, perché l’inflazione dovrebbe essere più rapida a scendere, e questo potrebbe pesare sul dollaro. Per questo motivo, tatticamente, al momento T. Rowe Price sottopesa il biglietto verde rispetto alle altre valute, mentre risulta molto positiva sullo yen.

L’azionario soffre la concorrenza del reddito fisso

In vista del 2024 gli esperti hanno ridotto il sovrappeso in liquidità per diventare più positivi sull’azionario e adottano una posizione neutrale su tutte le tre principali asset class a causa del persistere di un’elevata incertezza. La volatilità si è certamente ridotta nelle Borse, che, dopo il rally di novembre, sembrano essere forse leggermente troppo ottimiste per il futuro. Nell’analisi, la società ritiene infatti che l’azionario, nel breve termine, soffrirà la concorrenza del reddito fisso, innanzitutto di Titoli di Stato come i Btp italiani che, al momento, sono molto a sconto e rendono il 4-4,5%. Se le valutazioni si comprimessero, sarebbe invece il momento di aumentare l’esposizione sull’azionario. Il reddito fisso ha probabilmente passato il periodo peggiore ed è l’ora di considerare di prendere posizione sui governativi.

Btp interessanti ma non per la diversificazione

In questa svolta, tuttavia, c’è da tener presente che la correlazione fra equity e bond è importante per il ruolo che i due asset giocano nei portafogli. Il Btp, osserva infatti Lustig, per esempio non è l’ideale per diversificare il rischio azionario perché i governativi italiani soffrono come le Borse quando c’è un momento di mercato risk-off. Altri governativi, come quelli di Usa e Germania, possono avere una correlazione negativa con le Borse in momenti di stress, quando la diversificazione è più importante. Più in generale, per l’investitore europeo sarebbe un errore non investire a livello mondiale, sia sull’obbligazionario sia sull’azionario. T. Rowe Price, al riguardo, è infatti sottopesata sulle Borse europee per diverse ragioni: da un lato, l’economia dell’Eurozona è già in recessione o sul punto di entrarvi e la Bce si trova a dover far fronte al potenziale rischio di stagflazione.

Dove saranno le opportunità nel prossimo anno?

La Bce, in effetti, dovrà fare i conti con la contemporanea presenza di Paesi più deboli e di Paesi più forti, il che rende più difficile avere un tasso appropriato per tutti. Dall'altro lato, sulle piazze europee le valutazioni sono poco attraenti e questo rende più appetibili altri mercati azionari come, per esempio, Stati Uniti e Giappone. In Giappone si aspetta un cambio della politica monetaria: questo imprimerà slancio allo yen, ma è improbabile che abbia un impatto negativo nell’immediato sulla Borsa, composta soprattutto da società esportatrici. A Wall Street le condizioni sono favorevoli per le small cap e per lo stile growth con le grandi capitalizzazioni rispetto a quello value. Posizione neutrale sulla Cina, anche se la view non è del tutto negativa sul lungo termine. L’Europa torna invece ad essere un’area interessante quando si tratta di investire in credito.

A cura di: Fernando Mancini

Parole chiave:

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