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Risparmio: torna l’ora di investire

Il rapporto in esame individua 4 investitori tipo: impaurito, cauto, moderato e audace. Nelle famiglie italiane il risparmio resta elevato, anche se in lieve diminuzione rispetto a quanto visto nel 2020. Mattone e bond pubblici con meno appeal, più attenzione per la galassia ESG.

23/05/2022
dati al rialzo
Rapporto sul mercato del risparmio

L’industria del risparmio gestito vive una fase di espansione senza precedenti: quasi la metà dei risparmiatori - nonostante la volatilità dei mercati, il conflitto in Ucraina, il rallentamento della crescita economica globale, l’inflazione galoppante e la prospettiva di una stretta creditizia più rapida del previsto - è pronta a scongelare un po’ di liquidità. Gli italiani, con la pandemia e i recenti venti di guerra, sono oggi comunque diventati più propensi al risparmio: il rapporto rispetto al reddito disponibile, pari all’8,1% nel 2019, è balzato al 15,6% nel 2020 per assestarsi oggi al 13,1%.

I numeri rivelano meglio le potenzialità del momento: 5mila miliardi di euro il valore del portafoglio finanziario degli italiani (dato al terzo trimestre 2021), in crescita del 25,5% in termini reali negli ultimi dieci anni e del 5,9% rispetto al 2020, anno in cui è esploso il Covid.

4 gruppi di risparmiatori e il boom del loro cash precauzionale

La ripresa passa attraverso la ripartenza degli investimenti, per i quali sono quindi disponibili tante risorse private, di cui una quota rilevante è in forma liquida, ferma sui conti correnti bancari. La liquidità e i depositi delle famiglie, per la precisione, hanno registrato un boom nel decennio preso in considerazione (+32,1%) e una crescita del 3,7% nell’ultimo anno rispetto al 2020, volando sopra i 1.600 miliardi di euro. Sono i punti più salienti del report ‘Investire di più, investire nell’economia reale’ realizzato dal Censis in collaborazione con Assogestioni, l’associazione italiana del risparmio gestito. Lo studio ha cercato di capire quali sono le intenzioni degli italiani rispetto al loro cash precauzionale. In sintesi, la ricerca ha individuato quattro tipologie di risparmiatori con altrettante diverse propensioni.

L’impaurito, il cauto, il moderato e l’audace

In primo luogo, spicca il 21,5% di cui è impaurito, ovvero pronto ad ampliare l’attuale quota di liquidità, anche a scapito di altre forme di risparmio. Il 30,8% è cauto, cioè vuole preservare la propria quota di contante senza però penalizzare altre forme di risparmio. Il 36,4% è invece un investitore moderato, pronto a investire almeno in parte il contante accumulato. I risparmiatori più audaci sono l’11,3%: solidi dal punto di vista patrimoniale, abituati agli investimenti in titoli azionari, sono propensi a investire oggi una parte delle loro risorse in attività finanziarie ad alto rischio e con alti rendimenti potenziali. In altre parole, secondo la ricerca, circa la metà dei risparmiatori del nostro Paese è pronta a scongelare un po’ della propria liquidità. Quindi una parte del grande e crescente lago del contante potrebbe affluire verso gli investimenti.

L’onda dell’ESG

Come tornare agli investimenti finanziari? Quali sono i requisiti che questi dovrebbero avere per richiamare le risorse? Il 49,6% dei risparmiatori indica un orizzonte temporale piuttosto breve, di 1-3 anni, il 25% uno superiore ai 3 anni, l’11,4% di un anno al massimo. Il 38,8% vorrebbe rendimenti più alti, il 25,6% costi dei servizi di gestione più bassi, il 22,8% rassicurazioni sul valore reale dell’investimento. Aiuterebbe a vincere paure e resistenze anche l’evoluzione del contesto, come un sistema di welfare più ampio e rassicurante (28%) e un allentamento dell’incertezza generale (22,8%). La ricerca ha evidenziato la cavalcata ESG con un chiaro sì agli investimenti etici, mentre cala l’appeal dei titoli di Stato e del mattone. In particolare, il 78,2% è propenso a effettuare investimenti etici, cioè rispettosi dei diritti umani, il 54,4% investirebbe in piccole e medie imprese italiane.

I titoli di Stato e mattone hanno perso attrattiva

Nel dettaglio, per i bond governativi il giudizio è netto: il 71,7% non li acquisterebbe, mentre il 55,5% non reputa convenienti gli investimenti immobiliari o ritiene che ci siano investimenti migliori. Nell’equilibrio storico del Paese queste due valutazioni rappresentano un cambio epocale: i titoli di Stato, per ora, non ricevono più attenzione e il mattone non è più ritenuto sempre e comunque sicuro e remunerativo. Queste opinioni, sottolineano nel rapporto di Censis-Assogestioni, sono confermate per altro anche dai consulenti finanziari: il 41% non rileva infatti significative prese di posizione dei clienti sugli investimenti immobiliari, il 32% ha clienti che non lo reputano conveniente, il 10,7% ha una clientela convinta che ci siano investimenti migliori. Solo per il 15,7% dei consulenti i propri clienti considerano ancora il mattone la forma migliore di investimento.

Il ruolo del risparmio gestito

Il risparmio gestito è conosciuto dal 40% dei risparmiatori (55,7% tra le persone benestanti) e, tra questi, il 46,2% ne ha fiducia. La propensione a investire nei prodotti del risparmio gestito risulta buona: il 53,1% lo farebbe e il 10,9% lo ha già fatto. Decisivo è il ruolo della consulenza, da cui il 40,8% si aspetta chiarezza, cioè esposizioni semplici delle opportunità e dei rischi. Il 39,5% si aspetta competenza, il 24,3% attenzione alle esigenze del cliente, il 21,7% esperienza. Positivo è anche il giudizio espresso dai consulenti: il 50,5% rileva che negli ultimi due anni è aumentata la fiducia dei clienti nel risparmio gestito (per il 43,6% è rimasta stabile, per il 5,8% è diminuita). Secondo il 48,6% dei consulenti la clientela si aspetta che i propri interlocutori infondano sicurezza in merito alle scelte di gestione dei propri soldi, il 47,9% attenzione a paure e ansie, il 43,8% chiarezza e semplicità nello spiegare vantaggi e svantaggi.

A cura di: Fernando Mancini

Parole chiave:

assogestioni censis risparmio
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