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Il difficile risanamento del sistema bancario italiano

09/03/2017

Le banche italiane stanno facendo progressi nel risanamento del loro profilo finanziario, ma il percorso sarà lento e costellato di rischi, ostacolato anche dalle basse prospettive di crescita economica del nostro Paese.

Secondo l'ultimo rapporto di S&P Global Ratings le banche italiane stanno facendo progressi nel risanamento del loro profilo finanziario, ma il percorso sarà lento e costellato di rischi, reso più difficile dalle basse prospettive di crescita economica per il nostro paese.

Le sfide più importanti che gli istituti di credito italiani si trovano ad affrontare oggi sono l'enorme ammontare di non-performing loans, prospettive di bassa redditività e una elevata frammentazione del settore.

A questi fattori si aggiunge un contesto di crescita anemica del Pil italiano, che contribuisce a rendere difficoltosa la capacità delle banche italiane di liquidare gli asset tossici e ridurre rapidamente le perdite sui crediti.

Il totale di non-performing asset in capo alle banche italiane al 31 dicembre 2016 ammonta a 330 miliardi di euro. Secondo S&P questo stock si ridurrà molto lentamente, dal 3 al 5% all’anno nel 2017 e nel 2018, a meno che le banche non predispongano ampi programmi di cessioni e svalutazioni. 

A oggi, le banche italiane hanno annunciato piani di cessioni di Npl per un ammontare fino a 50 miliardi di euro, ma anche nel caso in cui questo programma venisse portato a compimento nella sua totalità, S&P stima che nel 2018 la percentuale di non-performing asset rimarrà superiore del 16% rispetto al totale dei crediti al consumo, con una riduzione di solo il 3% rispetto al 19% di fine 2016.

Le perdite sui crediti dovrebbero gradualmente scendere di circa 80-100 basis points nei prossimi due anni, ma azioni più radicali per ridurne lo stock potrebbe costringere le banche ad anticipare le perdite. L'andamento degli accantonamenti per le perdite sui crediti deteriorati rimarrà il driver più importante per la redditività delle banche sia nel 2017 che nel 2018, dal momento che i ricavi sono compressi a causa di margini sugli interessi storicamente bassi e volumi modesti.

Da un punto di vista strutturale, secondo S&P il sistema bancario italiano vedrà un ulteriore consolidamento. Le banche sono sempre più alla ricerca di sinergie di costo ed economie di scala, e si stanno indirizzando verso una sempre maggiore digitalizzazione e razionalizzazione delle loro reti.

Un effettivo consolidamento del settore potrebbe aiutare le banche a modificare il loro modello di business. Questo processo porterà ad avere strutture più grandi e più forti, rafforzando il loro potere contrattuale e creando maggiori economie di scala. Tutti questi fattori potrebbero mettere le banche nelle condizioni di operare con maggiore efficienza, anche in un contesto di crescita economica debole come quello italiano.

Del resto altri paesi che stanno uscendo da una profonda crisi del sistema bancario, come la Spagna, hanno intrapreso con successo questo sentiero di trasformazione.

Di conseguenza, S&P prevede ulteriori fusioni nei prossimi 12/18 mesi, dopo quella tra BPM e Banco Popolare, e dopo l’acquisizione da parte di UBI Banca dei piccoli istituti Nuova Banca Marche, Banca Etruria e Carichieti.

Il prossimo merger sarà probabilmente tra Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca, visto che hanno un azionista comune, Atlante, e alla guida dei due gruppi vi sono lo stesso amministratore delegato e lo stesso presidente.

A questo operazione ne seguiranno probabilmente altre, in particolare nel mondo delle banche popolari dopo la loro recente trasformazione in società per azioni.

Probabilmente il processo di aggregazione in atto non porterà a una trasformazione radicale del settore bancario, soprattutto perché le fusioni coinvolgeranno essenzialmente banche medio-piccole, però potrebbe segnare il sentiero per un rinnovamento strutturale del comparto che porterà alla creazione di gruppi bancari più grandi e più profittevoli.

Gli ostacoli a un più rapido consolidamento nel breve termine sono essenzialmente due: in primis l’enorme ammontare di Npa e le incertezze riguardo a una loro corretta valutazione; in secondo luogo, i regolatori potrebbero richiedere azioni di rafforzamento del capitale.

Questa richiesta delle autorità di controllo riflette la preoccupazione che dalle fusioni possano nascere istituzioni troppo fragili, come del resto è avvenuto in passato. E secondo S&P, le banche nel contesto attuale sono piuttosto restie a sottostare a normative più stringenti.

A cura di: Paola Sacerdote

Parole chiave:

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