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Azionario Europa, può scattare?

27/09/2017

Per un investitore oggi è fondamentale capire se per l'azionario europeo è plausibile ipotizzare un'accelerazione dei rendimenti nel prossimo futuro, visti i segnali di ripresa a ogni livello, che dovrebbero portare a strappi al rialzo ben più robusti di quelli visti nel 2016.

Innanzitutto guardiamo le valutazioni: se andiamo a prendere il cosiddetto Cape (ciclically adjusted price earnings) calcolato su 10 anni, ossia un P/E costruito sui profitti dell'ultimo decennio, vediamo che l’Msci Emu, limitato ai paesi dell'Eurozona, a fine agosto scambiava a un valore pari a 17,1, con uno sconto, rispetto alla media di lungo periodo che è intorno a 20, di circa il 14%. La media di 20 è stata costruita con dati sui profitti a partire dai primi anni ‘70 e quindi con una serie del Cape che si estende ai primi ‘80.

Di converso lo stesso indicatore negli Usa si trovava nella medesima data a 28,5, un livello che incorpora un premio del 20% rispetto alla media storica di 23,8. L’Msci Asia ex Japan, in compenso, presenta una media storica del Cape che si posiziona a 20,8 mentre attualmente tali listini scambiano a 18,5. In questo caso dunque lo sconto è pari all'11%.

In poche parole l'Europa presenta oggi le valutazioni in assoluto più economiche rispetto al proprio passato, che a sua volta presenta comunque i multipli più contenuti su un periodo di oltre 30 anni.

Aggiungiamo poi che Citigroup, basandosi su dati Thomson Datastream, ha costruito una regressione con il Cape a 10 anni, calcolato a partire da fine ‘79 (quindi con la serie degli utili aziendali che inizia a fine anni ‘60), nel ruolo di variabile indipendente e la performance annuale del mercato azionario europeo per i successivi 10 anni.

Questa regressione mostra una chiarissima e pulita relazione lineare fra le due grandezze, con addirittura un R quadro pari a 0,74, un livello elevatissimo. In pratica se si investe in azionario europeo quando esso presenta multipli elevati rispetto alla realtà vissuta dalle aziende nel decennio precedente, con ogni probabilità si avranno nei 10 anni successivi performance limitate. Tale regressione ci dice anche che l'attuale livello di Cape è compatibile con rendimenti intorno al 12% per il prossimo decennio. A livello di Eurozona, se annualizziamo i rendimenti del 2017, potremmo dire che in questo 2017 più o meno ci siamo.

Il problema è che con mercati ad alto beta rispetto alla media mondiale come sono quelli del Vecchio continente, visto anche il ritardo nel ciclo della ripresa europea, il 2017 avrebbe dovuto portare a una crescita esplosiva con tanto di rerating, invece che meramente seguire l'andamento dei profitti. Così, invece, non è stato, tanto che per l'appunto lo sconto storico europeo permane intaccato. A questo punto potrebbero aprirsi due scenari: l'Europa da una parte potrebbe essere entrata in uno scenario di grande moderazione storica, con davanti buone, anche se non esplosive, performance del proprio equity, oppure man mano accelerare nel prossimo futuro, grazie a una forte iniezione di fiducia da parte degli investitori.

Vedremo come quest'ultimo scenario sia improbabile: quello più realistico è che si continui al passo moderato di oggi, sempre che prosegua il processo di ripresa visto nell'ultimo anno e mezzo. Il che per la verità fa sì che il rapporto rischio/rendimento delle azioni europee non sia poi così favorevole, visto il limitato upside e la potenziale volatilità. Anche in questo caso nulla di nuovo sotto il sole, nel caso in cui l'economia e i risultati aziendali in Europa riprendano a zoppicare.

Perché non ci sentiamo di sposare la tesi di un progressivo aumento di momentum da parte degli investitori di questa asset class? La ragione va ricercata nella peculiare struttura della valutazioni attraverso settori e paesi in Europa, un argomento che certamente andrà approfondito.   

A cura di: Boris Secciani

Parole chiave:

azioni Europa Cape profitti
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