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1.500 miliardi di euro sui sempre più cari conti correnti

28/11/2017

E’ sempre più costoso lasciare i propri risparmi sui conti correnti, specie quelli “tradizionali”. Un dato non certo positivo per gli italiani che lasciano vegetare sui c/c più di 1.500 miliardi di euro (circa il 30% della ricchezza nazionale).

Nel 2016 la spesa media per la gestione di un conto corrente in Italia è infatti cresciuta di circa 1,1 euro rispetto all'anno precedente e si è attestata a 77,6 euro. L'aumento dello scorso anno succede a una fase di progressiva riduzione, cominciata nel 2010 e proseguita sino al 2015, durante la quale la spesa è scesa del 3,4 per cento annuo per una diminuzione complessiva di 14,6 euro (erano a 91,1 euro nel 2010). E’ quanto emerge “Dall’indagine sul costo dei conti correnti nel 2016” appena pubblicata da Banca d’Italia.

Lo studio sottolinea che tra le spese fisse si osserva un calo di 1,2 euro nella spesa per i canoni di base, pressoché bilanciato dal congiunto aumento dei canoni per le carte di credito e di debito; le spese variabili sono cresciute di 1,5 euro, riflettendo l'aumento delle commissioni unitarie; il numero totale di operazioni effettuate è lievemente diminuito (da 144 a 143). La spesa mediana è rimasta pressoché stabile e pari a 61,6 euro (61,1 nel 2015); lo scarto tra il primo e il terzo quartile, 73,6 euro, ha continuato a diminuire (si attestava a 74,5 e 77,2 euro rispettivamente nel 2015 e nel 2014). La spesa sostenuta per la gestione del conto corrente mostra un’ampia variabilità tra i diversi raggruppamenti di clienti: essa è mediamente più bassa per i “giovani”, le “famiglie” e i “pensionati” a bassa operatività e sensibilmente maggiore tra le “famiglie” e i “pensionati” a operatività almeno media.

Nel 2016, invece, la spesa media di gestione di un conto corrente on line è stata pari a 14,7 euro; la composizione della spesa mostra una netta prevalenza delle spese variabili, pari a circa il 63 per cento del totale, soprattutto se la si paragona con i conti tradizionali, le cui spese variabili non superano il 34 per cento del totale. Nell’arco di un anno su questi conti vengono effettuate in media 140 operazioni, un dato sostanzialmente in linea con il resto dei conti pari a 142 unità, il 74,7 per cento delle quali attraverso canali alternativi allo sportello (il 54,7 per cento nei conti tradizionali).

Il significativo divario di spesa osservato tra queste due classi di conti (pari a 62,9 euro, di cui 46 riferibili alle spese fisse) è attribuibile prevalentemente alla diversa struttura tariffaria. Il canone di base, dal cui pagamento è esente oltre il 95 per cento della clientela on line (contro circa un terzo della clientela tradizionale) concorre a spiegare circa 26 euro della differenza osservata. La diffusione di carte di pagamento, più ampia tra la clientela on line, non comporta per quest’ultima aggravi di spesa, poiché i relativi costi sono significativamente inferiori per le carte di credito o addirittura nulli per le carte bancomat.

Soltanto per le carte prepagate la spesa dei conti on line è di poco superiore a quella dei conti tradizionali; infine, il limitato ammontare delle “altre spese fisse” consente un risparmio di quasi 8 euro. Circa la metà del divario osservato per le spese variabili (pari a 16,9 euro) è attribuibile alle spese di scrittura, completamente gratuite per i conti on line; la parte restante dipende dalle commissioni sulle disposizioni, generalmente molto più vantaggiose per i conti on line, soprattutto per le operazioni effettuate su canali alternativi allo sportello.

A cura di: Massimiliano D'Amico

Parole chiave:

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