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Elezioni, stallo o impennata per la Borsa italiana

26/02/2018

Le elezioni politiche italiane probabilmente non saranno un grande tema di mercato, contrariamente a quella che era l’opinione generale lo scorso anno.

La minore rilevanza rispetto alle attese si deve principalmente a due motivi: la ripresa economica di cui gode il paese e l’ammorbidimento delle posizioni euroscettiche dei partiti anti Europa.

Secondo i sondaggi, sarà la coalizione di centrodestra a vincere le elezioni. Le ultime rilevazioni indicano che circa il 35% dei voti andrà a loro. Il centro-sinistra si attesta attualmente al 29% e il Movimento 5 Stelle al 28%. Secondo Willem Verhagen, Senior Economist, Macro & Strategy di NN Investment Partners ciò significa che nessuno sarà in grado di formare un governo. Il risultato atteso è una "grande coalizione" instabile o uno stallo prolungato, che a tempo debito condurrà a nuove elezioni. Il principale punto controverso non sarà più l'adesione all'UE o all'euro, ma le prospettive di politica fiscale. Molti partiti chiedono più spazio per un allentamento fiscale, il che potrebbe portare a conflitti con la Commissione Europea e i paesi della zona euro. Tuttavia, possiamo immaginare un compromesso che preveda una via di mezzo tra maggiore flessibilità fiscale e maggiori sforzi di riforma strutturale.

Dopo la crisi finanziaria e la crisi dell'euro, la Borsa di Milano ha sottoperformato rispetto agli altri indici europei: da marzo 2009 il Ftse Mib è cresciuto del 57%, mentre il Cac40 è raddoppiato (+100%) e il Dax è salito addirittura del 230%. Se la sera del 4 marzo il quadro politico dovesse essere chiaro, sparirebbe lo sconto della Borsa italiana, che è di natura politica, generando, verosimilmente, un'impennata dei valori azionari", sostiene Yves Longchamp, Head of Research di Ethenea Independent Investors.

"Il migliore scenario post-elettorale", secondo Longchamp, "è quello che può riportare l'Italia sulla strada della prosperità, dato che la competitività del paese è la stessa di 20 anni fa e il PIL è ancora 5 punti percentuali sotto al picco raggiunto prima della crisi finanziaria. E per questo serve un governo forte, che possa varare le riforme strutturali di cui l'economia italiana ha bisogno". 

I livelli elevati del debito pubblico potrebbero costituire un problema in futuro, in quanto potrebbero richiedere austerità fiscale. Va però notato che la scadenza media del debito italiano è cresciuta negli ultimi anni e per questo motivo l'eventuale aumento dei rendimenti obbligazionari italiani si tradurrà solo gradualmente in un aumento del costo medio dei tassi di interesse sul debito.  Inoltre, ci aspettiamo che la normalizzazione della politica della BCE sia molto graduale e che l'elevato stock di titoli italiani in bilancio contribuisca ad evitare un eccessivo rialzo degli spread del paese.

Il problema principale del paese è un basso tasso di crescita potenziale

Il team di NNip ritiene che il governo italiano ha compiuto alcuni passi per migliorare lo stato di salute del sistema bancario, ma il problema principale dell'Italia è rappresentato da un basso tasso di crescita potenziale del PIL, trainato da un basso tasso di crescita della produttività sottostante. Sono state intraprese alcune riforme, ma occorre fare di più. Il mercato del lavoro è ancora caratterizzato da una dicotomia tra contratti a tempo indeterminato e lavoratori flessibili, mentre il processo di contrattazione salariale è ancora centralizzato. Ciò impedisce alle imprese di rispondere a circostanze idiosincratiche. Occorre inoltre affrontare le inefficienze della pubblica amministrazione e del sistema giudiziario e liberalizzare i mercati dei servizi. Tali riforme sono necessarie per l'Italia al fine di imboccare una traiettoria di crescita più elevata che consentirà al paese di abbassare il debito pubblico ore al 132% del PIL. L'attuazione di queste riforme richiede tuttavia un governo forte e stabile.

A cura di: Rocki Gialanella

Parole chiave:

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