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Dollaro, un mediocre rally

18/01/2019

Se i prossimi mesi portassero una schiarita, sia economica, sia politica, scenario sul quale in questa prima parte di anno i mercati sembrano puntare, con un cambiamento di atteggiamento mentale nel giro di poche settimane davvero notevole, si aprirebbe una cornucopia di opportunità di vasto respiro.

Una di queste vedrebbe al centro un probabile processo di indebolimento del dollaro. In generale, infatti il biglietto verde tende a sottoperfomare nelle fasi di espansione globale e di propensione al rischio, anche se ci sono molte eccezioni.

Una delle più rilevanti fra queste eccezioni è stata l'andamento dell'ultimo decennio che ha visto un lungo bull market secolare del biglietto verde, invertendo quanto successo nei primi anni 2000. In tale periodo storico infatti la crisi dell'Europa e quella di diversi emergenti, con il rallentamento generale della crescita hanno portato a una rinnovata stagione di forza del biglietto verde. Oggi potremmo essere arrivati, se non a un punto di svolta, quanto meno a una fase congiunturale diversa. I prodromi sono tanti e numerosi: pensiamo all'andamento nei confronti dell'euro e dello yen ad esempio.

Nonostante una politica monetaria immensamente più restrittiva rispetto a Eurozona e Giappone, non è che l'azione della Fed abbia spinto al rialzo più di tanto la propria valuta. Se il ribasso del biglietto verde nella prima metà del 2018 poteva infatti essere spiegato con la convinzione diffusa all'epoca di stare vivendo una fase di boom generalizzato, che avrebbe  allentato il differenziale con gli Usa entro poco tempo, meno spiegabili appaiono i pattern della seconda metà dell'anno passato.

Con un'Europa sull'orlo della recessione, la crisi turca, segnali di precipitoso rallentamento provenienti dall'Asia e altro, il biglietto verde avrebbe dovuto volare, mostrando invece nei confronti dell'euro solo un modesto rafforzamento. Per quanto riguarda gli emergenti, poi, in diversi casi alcune delle valute più instabili hanno addirittura visto un rafforzamento durante gli ultimi terribili mesi autunnali.

Se andiamo a guardare un grafico sul medio-lungo termine del cross Eur-Usd vediamo che sostanzialmente il cambio si è mosso in un trading range, neppure incredibilmente ampio, nell'ultimo quadriennio. Ciò nonostante si sia trattato del periodo in cui la Bce ha iniziato il proprio quantitative easing, mentre la Fed lo terminava e iniziava (stentatamente) a provare di tornare alla normalità. Una fase in cui l'aggiustamento del complesso dei tassi dei paesi core europei si è mosso al rialzo solo in maniera minima, mentre in compenso sono crollati spread e premi al rischio delle obbligazioni meno solide del continente. Dall'altra parte dell'oceano in compenso affluivano copiosi capitali su tutto il complesso dei Treasury da parte di investitori (moltissimi asiatici) affamati di un minimo di rendimento a rischio contenuto. In particolare il processo è risultato evidente sulla parte a più lunga scadenza della curva, fatto che ha generato nel corso degli anni l'appiattimento attuale.

Anche se osserviamo l'evoluzione nella seconda parte del decennio da parte del cambio dollaro-yuan, si può evidenziare tutto sommato una certa modestia di movimenti. Infatti la divisa del Dragone ha toccato il proprio massimo storico, intorno a quota 6, nella primavera del 2013. Da allora è cominciata una costante, ma tutto sommato lenta, discesa che ha portato lo scorso novembre il biglietto verde ai massimi intorno a 6,96, per poi scendere intorno a 6,75-6,80 nelle ultime settimane. Nel corso di sei anni la valuta statunitense si è rivalutata fino a un massimo del 16%.

Certamente non si tratta di un movimento irrilevante, ma se si considera che nel frattempo la Cina è entrata nella fase di crescita economica più lenta della propria storia capitalistica moderna, ha sperimentato il primo fenomeno di fuga di capitali, che è costata un trilione di dollari in riserve valutarie, il mercato azionario locale è andato incontro a brutali bear market ed è scoppiata una sorta di nuova guerra fredda con l'occidente, si può senz'altro affermare che il movimento è stato modesto.

Alla base di quanto accaduto, o non accaduto, ci sono diverse ragioni. Nei prossimi articoli vedremo di capire quali sono e anche di tentare di prevedere un minimo il futuro, individuando le migliori occasioni da cogliere.

A cura di: Boris Secciani

Parole chiave:

dollaro euro yuan
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