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La seconda rivoluzione petrolifera del fracking

La leadership saudita sarà messa in discussione nei prossimi cinque anni dagli Stati Uniti. Infatti il 70% della crescita della produzione del prossimo lustro sarà apportato dalla produzione statunitense derivante dal fracking. Vediamo più nel dettaglio.

30/04/2019

Gli Stati Uniti metteranno in discussione la leadership saudita nei prossimi cinque anni. Il 70% della crescita della produzione del prossimo lustro sarà apportato dalla produzione statunitense derivante dal fracking. L’Opec si ridimensionerà.

Gli sforzi compiuti dall’Opec per mantenere alte le quotazioni del petrolio hanno consentito ai suoi competitor di approfittare della situazione favorevole per conuistare nuove fette di mercato. Secondo i dati raccolti dall’Agenzia Internazionale per l’Energia, il trend non dovrebbe subire particolari scossoni nei prossimi anni, con gli Stati Uniti a tallonare l’Arabia Saudita per il ruolo di primo produttore planetario di greggio. 

L’IEA sostiene che si approssima sempre più la seconda rivoluzione industriale dello shale oil negli Usa. Lo scenario prospettato implica un incremento del 70% della produzione mondiale di greggio nel prossimo quinquennio. Nel 2021 gli Stati Uniti si trasformeranno in un esportatore netto di petrolio grazie all’impulso dell’industria basata sul fracking. Nel 2022 gli Usa avranno superato la Russia come esportatore netto di greggio e entro la fine del 2024 si porterà a ridosso dell’Arabia Saudita e ne metterà in discussione il primato.

Nel suo report dedicato alle prospettive per il prossimo lustro, l’Agenzia Internazionale per l’Energia ipotizza che la produzione petrolifera Usa, che ha registrato un incremento di 2.2 mln di barili nel 2018, continuerà a svolgere un ruolo di primo piano nello scacchiere globale e contribuiràper il 70% alla crescita addizionale apportata da tutti i produttori. La previsione messa a punto dallAgenzia indica che nel 2024 gli Usa produrranno 4 milioni di barili giornalieri.

Nel report si ipotizza che l’Opec accuserà una contrazione della sua capacità produttiva a causa delle sanzioni e dei gravi problemi economici in Iran e Venezuela, con un calo previsto di 380.000 barili giornalieri che potrebbe ridurre la produzione annua a 34,5 mln di barili entro il 2024.

Se non interverranno cambiamenti sostanziali nella situazione dell’Iran, la sua produzione potrebbe annua potrebbe essere di 3,85 mln di barili giornalieri nel periodo preso in considerazione. In Venezuela la produzione dovrebbe passare dagli 1,31 mln di barili del 2018 a quota 0,75 mln di barili nei cinque esercizi successivi.

All’interno del cartello dell’Opec, soltanto l’Iraq (800.000 barili giornalieri in più da qui al 2024 per una produzione annua complessiva di 5,8 mln di barili) e gli Emirati Arabi Uniti (500.000 barili giornalieri in più nel lustro preso in considerazione fino a quota 3,85 mln annui), sono i paesi memebri che presentiano piani per un’espansione significativa della produzione.

Sul fronte della domanda di petrolio, l’IEA sostiene che assisteremo a un suo incremento ma a ritmi decisamente più blandi. Nei dati, l’aumento della domanda dovrebbe attestarsi in media a 1,19 barili giornalieri  (+1,2%), che arriverà dalle economie emergenti e in particolare dall’India e dalla Cina (i due paesi assorbiranno il 44% dei 7,1 mln di incremento dei barili giornalieri che arriveranno sul mercato entro il 2024.

Nonostante il rallentamento della sua economica, Pechino continua a crescere a tassi sostenuti e questo dovrebbe garantire un incremento della domanda di greggio (le minori necessità di petrolio dell’industria pesante saranno compensate dalla maggiore domanda dei consumatori).

A cura di: Rocki Gialanella

Parole chiave:

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