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Deloitte: impatto del Covid su Millennial e Gen Z

La pandemia ha introdotto una nuova realtà, stravolgendo le tradizionali priorità dei giovani. Se da un lato sono preoccupati per l’impatto economico, finanziario e sociale, dall’altro vedono questa crisi come una grande opportunità per ripartire per un mondo più eco-friendly ed equo.

05/08/2020

La diffusione della pandemia da coronavirus e la recessione economica mondiale che ne è seguita hanno colpito duramente il ‘sentiment’ di Millennial (le persone nate tra il 1981 e il 1996) e la Generazione Z (ovvero quelli che sono nati dopo e che oggi non hanno più di 22 anni) in Italia e nel mondo. Allo stesso tempo, però, l’emergenza sanitaria ha ulteriormente rafforzato in loro il desiderio di contribuire a un mondo migliore, in cui aziende e Governi abbiano come obiettivo la creazione di un impatto sociale positivo, mettendo le persone e la sostenibilità ambientale davanti al profitto. È quanto emerge dalla Millennial Survey di Deloitte Global, uno studio annuale della società di consulenza che quest’anno, in via straordinaria, ha condotto in due fasi. 

Due ricerche perché la pandemia ha introdotto una nuova realtà

A gennaio di quest’anno è stato infatti condotta una prima ricerca su 18.400 tra Millennial e Gen Z (1997 – 2012) per rilevare la loro opinione su temi chiave come lavoro, società e la loro visione del mondo in generale. Tuttavia, la ‘disruption’ indotta dal Covid-19 ha introdotto una ‘nuova realtà’ e Deloitte ha provveduto a una seconda survey su un campione di 9.100 giovani (di entrambe le categorie) di 13 Paesi diversi (Italia, Stati Uniti, Canada, Brasile, UK, Spagna, Francia, Germania, India, Corea del Sud, Giappone, Cina, Australia), per comprendere come questa crisi abbia impattato sulle loro valutazioni.

I giovani vogliono guidare il cambiamento

Millennial e Gen Z, ha affermato Fabio Pompei, ceo Deloitte Italia, “si dimostrano generazioni caratterizzate da una profonda resilienza: se da un lato i giovani sono preoccupati per l’impatto economico, finanziario e sociale del Covid-19, dall’altro molti di loro vedono questa crisi come una grande opportunità per ripartire su nuove basi e costruire una società più equa, sostenibile e inclusiva”. In Italia e nel mondo, ha aggiunto, i giovani non solo “sperano che dalla pandemia fuoriesca un mondo migliore: ma vogliono essere la guida di questo cambiamento”. E così salute, lavoro, ambiente, prospettive finanziarie e benessere familiare sono diventate le maggiori preoccupazioni delle nuove generazioni.

Millennial e Gen Z italiani più ansiosi

Mentre nel mondo i livelli di stress sono leggermente calati ad aprile, forse alla luce del maggior tempo speso con la famiglia e di un generale rallentamento del ritmo di vita, l’Italia è andata in controtendenza. Nel Belpaese, infatti, sono saliti i Millennial e i Gen Z i che si dichiarano ansiosi o in preda allo stress (rispettivamente dal 45% al 47% e dal 45% al 48%). La pandemia ha avuto un forte impatto sulle loro preoccupazioni: le opportunità lavorative, inizialmente indicate dal 47% dei rispondenti, sono scese al 45%, mentre è salita la loro ansia per le prospettive finanziarie a lungo termine (dal 41% al 47% dei rispondenti). Per contro è rimasto stabile al secondo posto il benessere familiare.

Il 62% dei giovani italiani vogliono lo smart working

I Millennial italiani, post Covid-19, sono anche maggiormente preoccupati per quanto riguarda la loro salute mentale e fisica, indicata dal 39% (a gennaio era al 33%). Prima del Covid-19, circa un terzo del campione tra Millennial e Gen Z aveva preso una pausa dal lavoro a causa dello stress (rispettivamente 30% e 40% in Italia), a riprova di come la salute mentale resti un tema cruciale. Infine, il 62% dei Millennial italiani e il 64% della Gen Z vorrebbe che il lavoro da remoto diventasse il ‘new normal’. 

Il mutamento del clima resta una questione fondamentale

Benché ad aprile sia cresciuta l’importanza attribuita dai giovani alla prevenzione sanitaria, in Italia i Millennial continuano a preoccuparsi i primo luogo per i cambiamenti climatici, anche se con un lieve calo di interesse (35% ad aprile rispetto al 43% di gennaio). Nel mentre è cresciuto d’importanza il tema della disoccupazione (dal 31% di gennaio al 37% di aprile). Se prima della pandemia più della metà dei rispondenti sosteneva fosse troppo tardi per rimediare ai danni causati dal climate change, questa percentuale è scesa ad aprile, probabilmente dopo aver constatato l'impatto ambientale positivo derivante dalla riduzione delle attività produttive. L’80% degli intervistati, comunque, crede che Governi e imprese debbano mettere in campo sforzi maggiori per salvaguardare l’ambiente.

A cura di: Fernando Mancini

Parole chiave:

coronavirus deloitte millennial
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