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Fondi: spesso gli investitori sbagliano a cogliere l’attimo

Il tempismo negli investimenti è tutto: Morningstar ha visto come spesso gli investitori entrino quando i mercati corrono spediti al rialzo e, al contrario, non riescano a tenere i nervi saldi quando c’è volatilità e le quotazioni scendono, con conseguenti perdite di guadagno.

09/01/2020
grafici con sopra bussola e penna
Tempismo negli investimenti

Gli investitori incorrono spesso nei medesimi errori: affascinati dai potenziali guadagni, entrano quando i mercati corrono spediti al rialzo e, al contrario, non riescono a tenere i nervi saldi – e mantenere le scelte che hanno effettuato – quando c’è volatilità e le quotazioni scendono. Questo comportamento è stato analizzato da Morningstar, società statunitense che fornisce servizi di ricerca e gestione degli investimenti, le cui conclusioni – in relazione ai ‘fondisti’ - confermano che la grave conseguenza di questo atteggiamento è quella di “di guadagnare meno di quello che sarebbe il potenziale degli strumenti finanziari” che i risparmiatori hanno scelto di mettere in portafoglio. In numeri: dal 2010, sbagliare i momenti di ingresso e uscita dai fondi è costato ai sottoscrittori europei 53 punti base in meno di rendimenti ogni anno. I più danneggiati sono stati coloro che hanno scelto il reddito fisso, i comparti più rischiosi e costosi.

Gli investitori europei i peggiori per ‘timing’

La portata del mancato guadagno non deve comunque sorprendere perché è in linea con i precedenti studi. Dalla foto del 2010-18, tuttavia, emerge come sia stata l’Europa a performare peggio di altri mercati. Nel periodo considerato, il ‘ritorno’ del capitale investito è stato del 4,78%, mentre quello totale ha raggiunto il 5,31%: i dati sono basati su periodi rolling (rendimento rotativo medio di una serie di rendimenti su un determinato arco temporale) di 5 anni. I risparmiatori europei, italiani inclusi, non sono comunque gli unici ad avere bruciato i rendimenti con le loro scelte sbagliate, perché questo fenomeno si riscontra anche in altre regioni, compresi gli Stati Uniti. Lo studio esamina i tre più grandi mercati europei (Francia, Irlanda e Lussemburgo) come riferimento dell’industria del risparmio, partendo per l’investor return dai flussi stimati mensili. Per minimizzare l’effetto valute sono state usate solo classi in euro (oltre 16mila).

Morningstar: il gap peggiore è nel reddito fisso

Di solito sono gli investitori in fondi azionari ad essere i più danneggiati dagli errori di ‘timing’, in quanto più volatili. Nello studio 2019 invece il gap maggiore si trova negli obbligazionari perché il reddito fisso europeo è stato turbolento a causa della crisi. Questo, ha detto l’autore Matias Mottola, “si è tradotto in un investor return negativo di 68 punti nel 2010-14 per chi ha scelto i bond”. Dopo che nel 2012 la Bce ha assicurato la difesa dell’euro “nuovi problemi – ricorda - sono sorti per i massicci stimoli monetari, che hanno spinto i rendimenti dei governativi sempre più in basso fino al territorio negativo”. Gli investitori hanno quindi cercato ritorni più elevati, ma senza risultati. Tra il 2014-18, l’investor return nel reddito fisso è stato dell’ 1,4% annualizzato, 32 punti base in meno dell’altrettanto scarno total return (1,71%). Nel complesso, la perdita per errori di ‘timing’ e selezione dei fondi è stata in media di 38 punti base.

Il rally delle Borse blocca le uscite dagli azionari

Per contro, il gap per i fondi azionari è stato di 22 punti. La ragione principale è il lungo rally delle Borse (scalfito appena dalla nel 2011, a inizio 2016 e a fine 2018). “È possibile – dice Mottola - quindi, che – il ‘Toro’ nell’arena abbia tenuto sotto controllo l’istinto a vendere degli investitori”. A fronte di un rendimento totale del 4,24% nel periodo 2014-18, l’investor return è stato del 3,94%. Nel più burrascoso quinquennio 2010-2014, il divario era stato dell’1% a svantaggio. Gli investitori in fondi bilanciati sono stati i più fortunati: il gap tra i due tipi di ritorno è andato a loro vantaggio. “Sono stati molto popolari dal 2010, per cui gli investitori hanno aumentato la loro esposizione, anziché provare a indovinare il giusto momento in cui entrare e uscire. Inoltre, i sottoscrittori si sono spostati verso strategie più rischiose e flessibili, perché gli strumenti più prudenti hanno rendimenti attesi minori a causa dei bassi tassi”.

La difficoltà a tenere a bada le emozioni

I risparmiatori fanno fatica a tenere a bada le emozioni quando le oscillazioni delle quotazioni dei loro fondi sono ampie, ossia il rischio è maggiore. L’analisi dei flussi di sottoscrizione e riscatto conferma un dato noto a molti: gli investitori tendono ad entrare sui massimi e uscire quando le valutazioni scendono ai minimi, allargando le loro perdite. Questo fenomeno è evidente soprattutto tra i comparti azionari e obbligazionari più rischiosi. Morningstar ha calcolato che per le strategie azionarie più volatili il gap a svantaggio degli investitori è di 82 punti base e si riscontra soprattutto negli strumenti specializzati sui mercati emergenti. Nel reddito fisso, il divario è ancora più pronunciato (-1,38%). Considerando che i costi giocano un ruolo cruciale nel determinare il successo degli investitori, alla fine risultano migliori in questo ambito gli strumenti low-cost delle classi di fondi più costose.

Perseguire un investimento di lungo termine

“Per i consulenti finanziari e gli investitori, il messaggio chiave di questo studio – scrive Mottola - è che bisogna trovare soluzioni che evitino il market-timing e aiutino gli investitori a rimanere fedeli ai loro piani finanziari”. I fondi complessi e volatili sono difficili da usare è andrebbero quindi “inseriti solo in una pianificazione di lungo termine all’interno di portafogli ampi. I comparti a basso costo e meno rischiosi possono facilitare il raggiungimento degli obiettivi di investimento, senza dover rinunciare alle performance per scelte di tempistica sbagliate”.

A cura di: Fernando Mancini

Parole chiave:

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