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Mercati: small cap Usa, come identificare i cavalli vincenti

Una buona selezione tra le small cap statunitensi può essere una strategia per diversificare al meglio il portafoglio: hanno valutazioni sui minimi storici e godono di un potenziale margine di crescita. Sono da seguire soprattutto biotech e high tech. Favoriti i titoli value.

13/06/2022
mano indica un grafico ribassista
Le opportunità da cogliere nel mercato delle small cap Usa

Di solito, quando i mercati sono scossi da alcune minacce, come lo sono oggi la guerra e l’impennata dall’inflazione, la maggior parte degli investitori nell’azionario reagisce immediatamente abbandonando il settore delle small cap. Secondo Curt Organt, gestore del T. Rowe Price Funds SICAV US Smaller Companies Equity fund, non c’è nulla di più sbagliato. La fase che stiamo vivendo, sostiene, è invece il momento ideale per spostarsi dalle large alle small cap, comparto in cui le valutazioni navigano ai minimi storici. Pur riconoscendo che il settore contiene diverse meteore, che quasi certamente non sopravvivono a momenti difficili come l’attuale, l’esperto ritiene che sia altrettanto vero che molte aziende di questa asset class potrebbero diventare le Tesla, Mastercard e Amazon di domani, un tempo small cap.

La differenza tra mercato europeo e quello Usa

Oggi appare molto interessante il mercato delle small cap Usa. In realtà, oltreoceano vengono comprese in questo segmento le aziende con una capitalizzazione inferiore ai 15 miliardi di dollari: soglia che in Europa è considerata da large cap. Questo è segnale, secondo Organt, di un mercato potenzialmente molto più grande, con aziende che arrivano a trilioni di dollari di capitalizzazione: è semplice comprendere la conseguente varietà di opportunità che si possono trovare. Per avere un’idea più precisa della "misura" del mercato Usa, nel fondo T. Rowe Price US Smaller Companies sono presenti per lo più titoli tra i 4 e gli 8 miliardi di dollari di capitalizzazione, ad eccezione di alcuni titoli particolarmente interessanti che sono rimasti in portafoglio, anche se hanno superato la soglia che le definirebbe 'small cap'.

Il bacino Usa permette una maggiore diversificazione

Il bacino più ampio dove poter scegliere le small cap si riflette naturalmente sulla diversificazione dei titoli da mettere in portafoglio: tra le prime dieci posizioni gestite in T. Rowe Price ci sono titoli molto eterogenei, senza che nessuno domini. Si tratta di titoli sia value sia growth, legati a settori molto diversi tra di loro, con una strategia temporale che ha un orizzonte di almeno tre anni, per un conseguente turnover pari al 35% del portafoglio. Questa varietà, spiega il gestore, permette di diversificare molto, a differenza di quanto avviene nel mercato delle large cap, che è dominato solitamente da 4-5 titoli, con il rischio di un’elevata esposizione. Chiaramente, per poter sfruttare al meglio tale varietà, è necessaria la gestione attiva.

Da monitorare biotech e high tech

Altro punto a favore delle small cap è rappresentato dal paradosso che molte di loro non generano al momento utili, il che può essere visto come un limite dell’asset class. Anche in questo caso, però, a fare la differenza sono i titoli che si detengono: nel portafoglio di T. Rowe Price, per esempio, circa il 25% delle aziende non genera ancora utili, a fronte del 40% in media all’interno dell’indice. Insomma, sottolinea Organt, bisogna saper puntare sui cavalli vincenti. Un esempio possono essere alcune aziende biotech, che non hanno ancora ricevuto l’autorizzazione per la distribuzione dei propri farmaci, ma che genereranno utili una volta che l’avranno ottenuta. O, ancora, alcune aziende tecnologiche che sono grandi promesse.

La correzione del settore software non preoccupa

Infine, merita attenzione anche il settore dei software, oggetto di timori e vittima di un fenomeno di overselling poiché gli investitori non si rendono conto che il confronto impietoso delle performance rispetto all’anno scorso non ha senso. Infatti, è normale che queste aziende ora siano praticamente ferme rispetto al 2020-2021, quando tutto il mondo era bloccato in casa e ordinava dispositivi digitali a distanza: in pochi mesi, abbiamo assistito ad un drastico cambiamento degli stili di vita e, conseguentemente, delle abitudini di consumo. Pertanto, dovrebbe essere comprensibile la difficoltà per le aziende di determinati settori nel prendere le misure rispetto al contesto sociale e di mercato.

Le small cap diventate 'giganti' in poco tempo

Parlando dei singoli titoli, forse non tutti ricordano che solo pochi anni fa diversi big di oggi erano small cap: Tesla nel 2008-2010, Starbucks nel 2009, Netflix nel 2011-2014. Un'altra azienda che solo 5 anni fa era small cap è AMD, produttrice di semiconduttori. Spesso succede che una società rimanga in questa asset class per 5-10 anni, per poi arrivare al cosiddetto punto di flesso quando, per magia, il titolo impenna verso l’alto.

I titoli value favoriti in vista del rialzo dei tassi

Guardando in prospettiva, e rimanendo sempre sulle small cap Usa, bisognerà monitorare il fattore tassi d’interesse, attesi in rialzo nei prossimi mesi, che inciderà inevitabilmente su alcuni titoli, soprattutto quelli della categoria growth. Probabilmente, invece, i titoli value performeranno meglio se riusciremo a evitare una recessione che, comunque, sarà assorbita da tanti titoli ciclici, se ben valutati. Dunque, conclude Organt, nell’ambito delle small cap d’oltreoceano si possono vedere diverse opportunità in questo senso. A prescindere da cosa farà la Fed, alcune imprese avranno la stessa traiettoria di crescita, per cui non è prevedibile un rallentamento per questa asset class.

A cura di: Fernando Mancini

Parole chiave:

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