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Pil Italia: la guerra apre una nuova era economica

Quest’anno l’inflazione italiana salirà al 5 per cento, incidendo sulla spesa di famiglie e imprese. Lo stimano in Prometeia. Rivista al 2,2 per cento la crescita del nostro Pil, dal 4 per cento indicato a dicembre. La guerra si farà sentire sugli approvvigionamenti e sulle politiche di bilancio.

14/04/2022
cubi di legno con percentuali e frecce su
Analisi sugli effetti della guerra in Ucraina nella nostra economia

La prospettiva del mondo di mettersi rapidamente alle spalle due anni di emergenza sanitaria e ricominciare a vivere con meno preoccupazioni è stata spazzata via dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. L’impatto della guerra, infatti, va oltre i drammatici risvolti umanitari ma si ripercuote seriamente anche nei rapporti geopolitici e nel quadro economico. A differenza di quanto avvenuto in occasioni di altre crisi, questa volta però la rottura con il passato è molto forte al punto da aprire una nuova era per l’economia. È quanto sostengono gli esperti di Prometeia, che individuano 5 motivi per cui il conflitto potrebbe aprire una nuova fase anche per l’economia italiana. L’effetto "guerra", infatti, avrà strette correlazioni con l’andamento dell’inflazione, delle supply chain, delle politiche monetarie, dei mercati finanziari e delle politiche di bilancio.

Inflazione 2022 al 5%, taglierà la spesa di famiglie e imprese

Nel nostro Paese attualmente la principale preoccupazione arriva dall’inflazione: quella dei beni energetici su base annua è balzata quest’anno al 124% per i prezzi alla produzione, al 46% per quelli al consumo, con punte al 96% per le tariffe di gas ed energia elettrica per le famiglie. Per questo Prometeia ha rivisto al 5% la stima per l’inflazione di quest’anno, record dagli anni ‘80, per poi scendere all’1,8% in media nel 2023. La fiammata dei prezzi inciderà sulla spesa di famiglie e imprese, minandone la fiducia e il potere d’acquisto. Gli interventi introdotti dal Governo, benché importanti, secondo gli esperti non sono al momento sufficienti a compensare tali effetti dell’inflazione.

Catene di approvvigionamento, attese nuove interruzioni

L’export italiano in Russia è pari all’1,6% del totale, ancora meno (0,6%) quello verso l’Ucraina. Le sanzioni potrebbero però avere un impatto più forte per alcuni comparti specifici, quali macchinari, abbigliamento e calzature, prodotti farmaceutici, e alcuni territori (oltre tre quarti dell’export in Russia proviene da Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto, mentre in alcuni distretti, come il calzaturiero marchigiano, il mercato russo rappresenta una quota importante del fatturato). Altrettanto rilevante potrebbe essere il venire meno dei rifornimenti di alcune materie prime e semilavorati di cui Russia e Ucraina hanno una quota significativa e che sono importanti input per alcune produzioni meccaniche (auto in primis) e l’industria ceramica, ma anche per i fertilizzanti e l’agroalimentare. Ma in un mondo interconnesso, con catene del valore complesse, gli effetti sulle economie potrebbero andare al di là di quello che suggeriscono i dati sull’interscambio. Per questo sono possibili nuovi arresti delle supply chain globali.

Le Banche centrali correggono il tiro

L’orientamento restrittivo anticipato dalle Banche centrali si farà sentire sull’andamento dell’attività economica, dei mercati finanziari e dei climi di fiducia. Per l’Eurozona gli esperti continuiamo a prevedere solo a inizio 2023 il primo rialzo dei tassi nonostante un’inflazione che a fine anno potrà attestarsi tra il 3,5 e il 4%. In questo contesto, suggeriscono, non sono da sottovalutare che gli effetti deflativi dello shock legato all’invasione russa segnino una battuta d’arresto per l’area, di cui la Bce dovrà tener conto. Il Pil dell’Eurozona quest’anno dovrebbe crescere del 2,2%: stima che sottende una sostanziale stagnazione se depurata dall’effetto trascinamento. Non va inoltre sottovalutato il rischio che la pandemia possa ancora frenare la crescita, così come gli effetti deflativi esercitati dalla guerra e dagli alti prezzi delle commodity (causa dei minori consumi delle famiglie e degli investimenti delle imprese).

Modesti i rapporti finanziari con i Paesi in guerra

Al momento, stima Prometeia, meno preoccupanti per l’Italia sono gli effetti legati ai collegamenti finanziari con i Paesi in guerra. Rapporti finanziari e sanzioni con la Russia interessano infatti in misura limitata le istituzioni italiane, anche se le nostre banche sono fra le più presenti su quei mercati. Il sistema bancario Ue è esposto verso la Russia per circa 100 miliardi tra crediti e altre attività in valuta estera e locale, pari allo 0,7% del Pil europeo (l’Italia per circa 30 miliardi, pari a circa 1,5% del Pil). L’esposizione verso l’Ucraina è molto più contenuta. Tuttavia, gli effetti sono amplificati dall’incertezza, senza escludere che - in uno scenario in cui il conflitto sia protratto - Mosca possa decidere di fare default sul debito estero.

Politiche di bilancio, Pil rivisto a +2,2% da +4%

La guerra ha cambiato anche le prospettive della politica di bilancio dell’Italia, oggi orientata ad attenuare gli impatti sulle famiglie e sulle imprese dei rincari dell’energia e accogliere i rifugiati. Dato il perdurare degli alti prezzi energetici, Prometeia ipotizza che tali interventi (che ammontano a oltre 10 miliardi), al momento relativi solo ai primi due trimestri, saranno replicati anche per la seconda metà dell’anno. Nel complesso, le misure di sostegno inserite nello scenario saranno compatibili con un disavanzo che si attesterebbe al 5,8% del Pil. Per il 2022, inoltre, gli esperti mantengono l’ipotesi che l’implementazione del PNRR contribuirà alla crescita del Pil - che quest’anno segnerà una crescita del 2,2% (dato rivisto dal +4% indicato lo scorso dicembre) - per circa lo 0,4%.

A cura di: Fernando Mancini

Parole chiave:

prometeia guerra ucraina
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