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Tassi: la Fed pronta a una raffica di rialzi contro l’inflazione

La Fed alzerà ancora i tassi e li manterrà alti finché l'inflazione non tornerà sotto controllo. Lo ha anticipato il Presidente, Jerome Powell, il quale ha avvertito che sarà un processo che, con tutta probabilità, impatterà sul mercato del lavoro e genererà problemi ad aziende e famiglie.

06/09/2022
pile di monete e freccia su
Politica monetaria della Fed, attesa raffica di rialzi dei tassi

Niente da fare: la Fed e la Bce proseguiranno sulla strada del rialzo dei tassi per riportare sotto controllo l’inflazione. Né il rallentamento della crescita economica più evidente (soprattutto in Europa), né i primi effetti sulle tensioni sui prezzi delle strette del credito varate finora (la frenata registrata in luglio dall’inflazione Usa) hanno fatto cambiare loro le posizioni da falco. L’inflazione energetica continua, infatti, a preoccupare i banchieri centrali, così come gli aumenti salariali avvertiti un po’ dovunque e la rigidità perdurante del mercato del lavoro. Il presidente della Fed, Jerome Powell, in occasione del congresso di Jackson Hole, è stato chiaro: la Banca Usa alzerà ancora i tassi e li terrà alti finché l'inflazione non tornerà sotto controllo, un processo – ha ammesso - che con tutta probabilità impatterà sul mercato del lavoro e genererà problemi ad aziende e famiglie.

Per settembre attesa una stretta di 50-75 pb

Per il mercato non capire questa situazione potrebbe provocare problemi ben peggiori. In particolare, ha avvertito Powell, ridurre l’inflazione comporta alcuni costi ma se questa strategia dovesse riportare la stabilità dei prezzi, le sofferenze sarebbero ancora più grandi. Nelle due precedenti riunioni la Fed ha alzato i tassi d’interesse di 75 punti base, portandoli nella fascia di riferimento 2,25-2,50%: la stretta più ampia dai primi anni Novanta. Molti economisti, per il summit in agenda per settembre, si aspettano un altro ritocco all’insù, non meno di 50 punti base (alcuni ne azzardano uno di 75 pb). Nella guerra all’inflazione la Fed, ha assicurato il Presidente, userà vigorosamente tutti gli strumenti a disposizione. E il dato di luglio, seppur positivo, non comporterà alcun cambiamento nella politica monetaria Usa. Solo a un certo punto, ha affermato, questa potrà essere rivista.

Più paura dell’inflazione che della recessione

A questo punto, come sostiene Nikolaj Schmidt, chief international economist di T. Rowe Price, la Fed è pronta a una serie di nuovi rialzi dei tassi perché ha più paura dell’inflazione che di una recessione. Un rigore dettato dal fatto che, a causa dei molti elementi contingenti (a partire, soprattutto, da un mercato del lavoro surriscaldato), si prevede che l’inflazione rimarrà elevata e superiore al target per molto tempo. Per questo, in termini di politica monetaria, c'è solo una cosa da fare: un ulteriore inasprimento. Ciò suggerisce, secondo Schmidt, che assisteremo a una combinazione di indebolimento dell’azionario, allargamento degli spread creditizi, rafforzamento del dollaro e aumento dei tassi. La Fed, infatti, non controlla direttamente le condizioni finanziarie, ma ha uno strumento potente nel tasso di riferimento. Pertanto, l’esperto prevede una raffica di aumenti dei tassi Usa.

Il mondo va dritto verso la stagflazione

Tuttavia, l’azione della Fed e delle altre Banche centrali è resa complicata da un’economia in frenata. Il migliore indicatore del grado del surriscaldamento dell'economia mondiale, l'indice PMI, mostra infatti che il mondo si trova già in recessione. Pertanto, avverte l’esperto, i recenti rialzi segnati dalle Borse appaiono fragili. Se i responsabili monetari da una parte sono obbligati ad agire in modo piuttosto aggressivo, nello stesso tempo – sostiene Kaspar Hense, senior portfolio manager di BlueBay AM – stanno sottovalutando il rischio di recessione. In particolare, aggiunge, il mondo si sta dirigendo verso uno scenario stagflattivo, in cui è necessario in primo luogo ridurre l’inflazione, per potere poi discutere circa l’allentamento della politica monetaria. Intanto la morsa sul reddito reale disponibile implica che, andando avanti, il consumo e la crescita saranno comunque negativi.

A cura di: Fernando Mancini

Parole chiave:

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