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Usa: la Fed taglia i tassi, ma crescono i timori per l’inflazione
L’inflazione Usa resta sopra il target e, per questo, gli analisti giudicano il taglio prematuro: in un’economia che cresce vicino al 2 per cento, l’allentamento potrebbe radicare pressioni. Dopo il taglio, rendimenti dei Treasury e dollaro più deboli.

La Fed ha tagliato i tassi, abbassando il target dei Fed Funds di 25 punti base al 4%-4,25%. La scelta, approvata con undici voti favorevoli e uno contrario, era ampiamente prevista dai mercati e segna la ripresa del ciclo di allentamento dopo mesi di pausa. Al riguardo, c’è da rilevare che l’unico dissenso è arrivato dal neogovernatore Stephen Miran, nominato dal Presidente Donald Trump, che avrebbe preferito un taglio più deciso, di mezzo punto percentuale. La sua posizione riflette una spaccatura interna al Federal Open Market Committee (FOMC, il braccio operativo della Fed), dove le diverse sensibilità sui rischi di inflazione e sullo stato del mercato del lavoro stanno emergendo con chiarezza tra i banchieri centrali.
Per Powell il taglio dei tassi è una mossa preventiva
Nella conferenza stampa, il presidente Jerome Powell ha definito l’intervento un ‘insurance cut’, cioè una mossa preventiva volta a ridurre i rischi sul fronte occupazionale. Il mercato del lavoro, pur mantenendo un tasso di disoccupazione contenuto, mostra segnali di rallentamento: la domanda di lavoratori è scesa sotto il breakeven e ciò potrebbe tradursi in un peggioramento nei prossimi mesi. Powell ha sottolineato come la Fed, dopo aver concentrato gli sforzi sulla stabilità dei prezzi, stia ora bilanciando con maggiore attenzione anche il mandato della piena occupazione. Le proiezioni ufficiali indicano una disoccupazione mediana al 4,5% per quest’anno, poco sopra i livelli attuali, con un modesto miglioramento stimato per i prossimi due anni.
Inflazione: il nodo tariffe
Sul fronte dei prezzi, il Presidente della Fed ha riconosciuto un impatto delle tariffe doganali sui consumi, sebbene più contenuto e diluito rispetto alle attese. Finora, i costi sembrano ricadere sulle imprese, che tentano gradualmente di trasferirli a valle, ai consumatori. Secondo Powell, questo effetto potrebbe configurarsi come un aggiustamento una tantum, ma è troppo presto per escludere scenari più persistenti. Non a caso, le proiezioni d’inflazione per il 2026 e il 2027 sono state riviste marginalmente al rialzo. Per buona parte degli analisti questo cambio di direzione nella politica monetaria d’oltreoceano è una mossa azzardata, anche se la Fed giustifica la scelta con il rallentamento dell’economia e le preoccupazioni sulla dinamica espressa del mercato del lavoro.
FOMC diviso
I dubbi manifestati dagli esperti aumentano in prospettiva, perché la stessa Fed ha segnalato che entro la fine dell’anno potrebbero arrivare altri due tagli da 0,25 punti. Le proiezioni (‘DOTS’) mostrano tuttavia un FOMC spaccato: alcuni banchieri centrali ritengono che siano appropriati tagli fino a 150 punti base entro dicembre, altri invece avrebbero preferito per ora mantenere invariati i tassi. La mediana indica per ora ulteriori 50 punti base di riduzioni entro il 2025, seguite da due tagli graduali da 25 punti base ciascuno tra il 2026 e il 2027. Gli analisti restano comunque cauti. Secondo Schroders, la decisione di allentare la politica monetaria in una fase di economia ancora solida accresce il rischio che un’inflazione elevata diventi più radicata.
I dubbi degli esperti sulle prossime mosse della Fed
David Rees, head of global economics di Schroders prevede per ora due ulteriori tagli quest’anno, ma giudica improbabile che i tassi possano scendere sotto il 3%, in contrasto con le attese più aggressive, poiché una crescita robusta sostiene una ripresa dell’attività nel mercato del lavoro e alimenta l’inflazione. Un giudizio critico arriva anche da Scope Ratings, che definisce la mossa della Fed ‘prematura’. L’agenzia ricorda che l’inflazione non è ancora del tutto sotto controllo: l’indice dei prezzi al consumo è salito al 2,9% e quello ‘core’ al 3,1%, con i servizi ancora più cari (+3,8%). E, nonostante alcuni segnali di frenata, l’economia Usa cresce vicino al 2%, ritmo considerato ancora solido. Per Scope, un taglio troppo anticipato potrebbe minare la credibilità della Fed e creare nuove tensioni sui mercati, già sensibili alle aspettative su ulteriori riduzioni dei tassi.
Taglio tassi Fed: reazioni dei mercati e scenari globali
La mossa della Fed ha subito inciso sui mercati: i rendimenti dei Treasury sono scesi, il dollaro si è indebolito e Wall Street ha reagito con cautela, divisa tra il sollievo per il sostegno monetario e i timori sul lavoro. A livello internazionale, un approccio più espansivo degli Usa potrebbe alleggerire i costi di finanziamento in dollari e spingere altre Banche centrali, come la BCE, a riconsiderare le proprie mosse. Powell ha ribadito che le prossime decisioni dipenderanno dai dati economici, mantenendo alta l’incertezza e, con essa, la volatilità dei mercati.
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