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Un 2017 pazzesco in tutto il mondo

20/12/2017

Dopo avere terminato la serie degli scenari un po' al limite della positività per i mercati in Usa, Europa, Asia nel 2018, vale la pena concentrarsi brevemente su quello che dovrebbe essere l'insieme di accadimenti più probabile. In sintesi, come si è potuto in parte capire dalle ultime analisi, non ci sarebbe da stupirsi se l'anno prossimo in realtà presentasse rendimenti più affievoliti su quasi tutti gli asset rischiosi, il tutto accompagnato da una volatilità in modesta, ma significativa crescita.

In pratica il 2018 potrebbe rivelarsi complessivamente un anno peggiore di questo. Se andiamo a vedere infatti ciò che è successo negli ultimi 12 mesi, troviamo uno scenario che ha quasi dell'incredibile, con l’S&P 500 che è tuttora impegnato nella sua più lunga sequenza nella storia senza una correzione di almeno il 5%. L’elemento impressionante, però, non è tanto l'intensità dei movimenti che si sono visti quest'anno e neppure la mancanza di volatilità, quanto il generale rialzo di tutte le asset class.

Sia che andiamo a osservare i dati in dollari, sia in valuta locale, è stato tutto un generale movimento verso la propensione al rischio. In Asia solo lo Shenzhen composite è l'unico indice azionario in calo (in divisa locale) e fra i grandi emergenti solo il benchmark russo ha fatto altrettanto. Per il resto fra Nord-est asiatico, Sud e Sud-est dello stesso continente, America Latina ed Est Europa è tutto un segno più, ovviamente con diverse intensità.  Mentre scriviamo persino il Tadawul saudita oscilla intorno al break even rispetto a fine 2017, il che, considerando che attualmente apparentemente vi sono missili balistici che volano sopra Riyadh, appare come un mezzo miracolo. In Europa occidentale solo la Gran Bretagna e la Spagna, per ovvie ragioni, hanno visto rendimenti meno che buoni, anche se comunque positivi.

Se poi ci spostiamo nell'ambito dei corporate bond, dagli investment grade ai vari segmenti degli high yield, scopriamo che anche in questo settore è stata un gran festa generale che ha coinvolto Europa, Usa ed emergenti. A livello di titoli di stato si è visto un minimo di irripidimento e un po’ di rialzo delle quotazioni sul Bund decennale; il Btp equivalente è praticamente invariato, mentre i Bonos avrebbero potuto fare molto peggio, vista la situazione spagnola. Se poi andiamo ad analizzare i Treasury, con il 10 anni anch'esso più o meno invariato, siamo di fronte a un mezzo miracolo di appiattimento della curva, date le manovre della Fed.

Nelle materie prime, praticamente tutte quelle cicliche (metalli, petrolio) sono su moderatamente, così come l'oro. A livello valutario praticamente ogni divisa è in rialzo rispetto al dollaro. In pratica quest'anno per perdere soldi ci sarebbe voluto un certo talento, qualcosa di paragonabile a fare zero al totocalcio. Anni così non capitano tanto spesso e se dovesse esserci un minimo di mean reversion nelle performance, nella volatilità e nelle correlazioni, ci troveremmo comunque in un ambiente molto più difficile, con investitori più nervosi e timidi.

Un petrolio piatto, un dollaro in via di stabilizzazione, mercati azionari europei e americani che rendono intorno all'8-10% tutto compreso, modeste perdite sui corporate (high yield e investment grade) dei paesi sviluppati, nonché rendimenti assottigliati (generati soprattutto dal carry) su quelli emergenti sembrerebbero costituire il quadro più logico per il prossimo futuro. Probabilmente questi sviluppi sarebbero anche più salutari rispetto a quanto invece evidenziato nelle ultime settimane: gli asset rischiosi quotano già a livelli lievemente inquietanti e proseguire a tutta forza verso continui nuovi picchi indubbiamente lascerebbe esposti a qualche problemino quando non sarà solo la Fed a normalizzare la politica monetaria.

A cura di: Boris Secciani

Parole chiave:

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