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L’inflazione Usa accelera

20/02/2018

La settimana scorsa è arrivato il dato più atteso dagli operatori di mercato. L’inflazione statunitense non core ha superato per il secondo mese consecutivo il target fissato dalla Fed.

A metà della settimana scorsa è stato pubblicata l’ultima lettura dell’inflazione statunitense. I prezzi al consumo negli Stati Uniti hanno registrato una variazione del 2,1% su base annua a gennaio, confermando il trend avviato a dicembre. Le stime degli analisti fotografavano la variazione dei prezzi all’1,9%, due decimi al di sotto del dato pubblicato dalle istituzioni Usa. In termini mensili, la variazione è stata dello 0,5% rispetto a una stima dello 0,3%.

L’Ipc, l’indice dell’inflazione core che non tiene conto dei prezzi dei beni alimentari e di quelli dell’energia) ha raggiunto quota 1,8% rispetto a stime che lo fissavano all’1,7%. Il dato conferma quello rilevato a dicembre.

Il rialzo delle quotazioni del petrolio rispetto a gennaio 2017 è stato uno dei principali fattori alla base dell’accelerazione dell’Ipc generale. L’indice che segue l’andamento dei prezzi dell’energia si è spinto fino al 3% (variazione annua).

L’indice che fotografa l’andamento dei prezzi dei beni alimentari ha archiviato gennaio in progresso dello 0,2%. Gli alimenti di importazione hanno sperimentato un rialzo dei prezzi dello 0,4% (complice anche la debolezza del biglietto verde).

L’aumento dell’inflazione ha danneggiato i redditi reali dei lavoratori, in calo dello 0,8% su base mensile (rispetto allo 0,3% previsto dagli economisti).

I dati, più solidi del previsto – cosa che è in qualche modo incoraggiante dato che riflette una normalizzazione in alcune componenti che sono state molto deboli – potrebbero estendere la recente volatilità di mercato, perché le aspettative per gli aumenti dei tassi della Fed sono ricalibrate verso l’alto.

La pubblicazione dei dati conferma che l’inflazione statunitense accumula due mesi consecutivi in cui si è posizionata al di sopra del target inflation (2%) fissato dalla Banca Centrale Usa.

La crescita dei prezzi al consumo potrebbe sfociare nell’adozione di una politica monetaria più restrittiva da parte della Fed (con un numero di rialzi superiore al previsto in un arco di tempo più breve del previsto). La Fed tiene d’occhio in particolare il trend dell’inflazione sottostante –che si trova ancora all’1,8% (miglior dato del 2017 ma ancora relativamente lontana dal 2% del target).

In risposta al rilascio dei dati sull’indice dei prezzi al consumo, sul mercato dei bond si è assistito a un sell off trainato dalle obbligazioni a breve scadenza. Le aspettative sull’inflazione sono ora maggiori, mentre i mercati azionari sono rimasti piuttosto deboli.

Sebbene le cifre siano state superiori alle aspettative, i rischi per il 2018 rimangono in entrambe le direzioni. Da un lato, il pacchetto di stimolo fiscale arriva in un momento in cui il mercato del lavoro gode di ottima salute e questo, unito a un dollaro più debole, potrebbe spingere al rialzo l’inflazione. Tuttavia se i recenti cali del petrolio dovessero perdurare e l’offerta di denaro dovesse restare debole, l’indice dei prezzi al consumo potrebbe muoversi al ribasso. Inoltre, anche il mercato immobiliare potrebbe pesare, così come altri fattori che hanno impattato negativamente negli ultimi anni. Tra questi, quelli economici strutturali, quelli demografici e quelli tecnologici.

A cura di: Rocki Gialanella

Parole chiave:

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