SEI UN CONSULENTE FINANZIARIO AUTONOMO? 
Scopri i vantaggi del nostro servizio
Chiama gratis 800 92 92 95 CONTATTACI

Compila il modulo per essere richiamato

Se sei interessato al nostro servizio lasciaci i tuoi dati. Un nostro operatore ti contatterà per fornirti gratuitamente e senza impegno tutte le informazioni relative a FondiOnline.it

Dati di contatto

Errore nella compilazione del campo
Errore nella compilazione del campo
Errore nella compilazione del campo
Errore nella compilazione del campo

Informazioni addizionali

Errore nella compilazione del campo
* Nota: i campi indicati con l'asterisco sono obbligatori

Privacy e condizioni di utilizzo

Cina, colpisci dove fa male, ma senza esagerare

09/04/2018

Dell'attuale leadership cinese si possono pensare molte cose: sicuramente, per scelte politiche, attitudini personali e capacità di pubbliche relazioni, Xi Jinping e soci non sono a rischio di essere confusi con il Canada di Justin Trudeau, ma è indubbio che l'attuale classe dirigente del Dragone non manca di decisione e convinzione nei propri mezzi.

Infatti finora la reazione alle tariffe imposte dal presidente Trump ha denotato una rara capacità di infliggere danni politici non da poco. In particolare ciò si deduce dalla lista di beni esportati dagli Usa che la Repubblica Popolare ha individuato come soggetti a tariffe rappresaglia in risposta alle decisioni americane.

L’elenco è piuttosto lungo e variegato, ma presenta alcune caratteristiche comuni: si tratta sempre di merci di cui il paese ha bisogno e che non è ancora in grado di produrre in quantità o qualità adeguate. Se osserviamo la dinamica di sviluppo della seconda, forse prima, economia planetaria, troviamo un pattern comune: essenzialmente una quasi totale apertura della propria economia, sia in termini di investimenti produttivi, sia di accesso al mercato locale, solo in quegli ambiti in cui le capacità nazionali sono ancora significativamente indietro. Non appena competitor cinesi validi emergono, gli spazi si restringono immediatamente, sia per precise scelte di acquisto da parte di aziende, consumatori ed enti pubblici locali, sia per l'implementazione di misure protezionistiche più o meno ufficiali.

Nel caso attuale a venire danneggiati sono quei settori deve gli Usa hanno ancora un vantaggio competitivo non irrilevante, come ad esempio l'aerospazio e l'agricoltura. Nel primo comparto a sudare freddo sono i vertici di Boeing, un gruppo che, grazie al boom del trasporto aereo asiatico, ha visto il proprio titolo salire di oltre il 290%. La crescita è stata particolarmente forte a partire dal 2016 in concomitanza con l'accelerazione economica globale, particolarmente intensa nel Far East. Da quando è scoppiata la questione della guerra commerciale, l'azione di Boeing ha perso circa l'8% (peggio del mercato) dai freschi massimi storici di febbraio.

Nell'ambito del trasporto aereo la Cina vanta ambizioni gigantesche: essenzialmente tramite il proprio campione statale Comac vorrebbe riuscire a spezzare il duopolio de facto di Boeing e Airbus. Finora i primi modelli di vari aerei di linea venduti appaiono ancora non all'altezza di quanto sfornato in Europa e Usa, ma si sa che le cose si muovono velocemente in Cina.

In ambito agricolo, poi, tutto l'Estremo oriente è notoriamente un importatore netto di derrate, a causa dell’enorme densità di abitanti da sfamare e della scarsità di terre disponibili. In particolare la Cina assorbe la metà dell'enorme export complessivo statunitense di semi di soia, uno dei più importanti input produttivi nella filiera alimentare moderna mondiale, di cui per l'appunto gli Stati Uniti sono uno dei principali produttori mondiali. Circa un terzo della produzione complessiva americana finisce nella Repubblica popolare.

Si può facilmente notare che i beni in questione vengono prodotti nella cintura industriale e agricola americana, che tante soddisfazioni elettorali ha dato a Donald Trump e al Partito repubblicano in generale. La questione fondamentale, però, è se la Cina sia in grado di sganciarsi dalla dipendenza verso l'estero in questi settori. In ambito agricolo la risposta è quasi sicuramente no: dal cibo straniero dipendono ancora dopo decenni il Giappone e la Corea del sud il cui comparto agricolo locale è ben più produttivo di quello, pur migliorato negli scorsi anni, cinese. Nell'industria aeronautica l'ascesa al ruolo di serio competitor da parte di Comac non è dietro l'angolo, vista la complessità, anche a livello legislativo e di certificazioni, di questa industria, una complessità ben superiore rispetto a quella richiesta per produrre videogiochi, sistemi di fintech incorporati in app di chat o anche smartphone di buona qualità.

In definitiva però gli investitori dovrebbero trovare conforto nel quadro appena descritto: la mutua dipendenza fra i due paesi più importanti del mondo è ancora tale da non permettere a nessuno di fare molto più che qualche mutuo abbaio e ruggito.

A cura di: Boris Secciani

Parole chiave:

Cina Usa protezionismo aerospazio agricoltura
Qualsiasi decisione di investimento che venga presa in relazione all'utilizzo di informazioni ed analisi presenti sul sito è di esclusiva responsabilità dell'investitore, che deve considerare i contenuti del sito come strumenti di informazione. Le informazioni, i dati e le opinioni fornite all’interno della sezione “news” di questo sito si basano su fonti ritenute affidabili ed in buona fede; in nessun caso, tuttavia, si potrà ritenere che Innofin SIM abbia rilasciato attestazioni o garanzie, esplicite o implicite, in merito alla loro attendibilità, completezza o correttezza. Lo scopo dei dati e delle informazioni divulgate attraverso la sezione “news” del sito è prettamente informativo; esse non rappresentano, in alcun modo, una sollecitazione all'investimento in strumenti finanziari.

Articoli correlati