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Una riunione interlocutoria per la Bce

24/10/2018

È improbabile che la riunione della BCE di questa settimana sia una delle più cruciali dell'anno, ma dovrebbe fornire degli spunti utili per comprendere l'evoluzione dei rischi nelle prospettive economiche della Banca Centrale. 

Il resoconto di Draghi circa una crescita al di sopra della tendenza e la graduale normalizzazione dell'inflazione in un contesto di limiti di capacità sempre più vincolanti, rimane intatta. Ma ci sono nubi all’orizzonte: l'attività quest'anno - soprattutto quando dipendente dalla domanda estera – è stata deludente, mentre l'inflazione core ha faticato a superare l'1%. Nel frattempo, le tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina continuano ad aumentare e l'allargamento degli spread dei titoli italiani (rispetto ai rendimenti "core") presenta un rischio di contagio per le banche nazionali e anche più in generale. Siamo in attesa di vedere se la BCE rimane fiduciosa abbastanza da continuare a descrivere i rischi per la crescita come "equilibrati".

Di interesse tecnico, il Consiglio Direttivo potrebbe fornire ulteriori dettagli sui suoi piani per reinvestire i proventi delle attività in scadenza acquistate nell'ambito del quantitative easing. In particolare, se acconsentiranno ad una certa flessibilità per estendere la durata degli acquisti al fine di arginare l'aumento dei rendimenti a lungo termine, se necessario.

Il presidente, Mario Draghi, probabilmente si concentrerà più su aspetti tecnici relativi ai reinvestimenti del portafoglio della Bce, compresa una possibile ricalibrazione dei criteri di capital key dei singoli paesi utilizzati per l'acquisto di bond.

I commenti di Draghi verranno seguiti da vicino, in particolare qualora nelle proiezioni l'inflazione futura fosse definita ancora dalla BCE come "relativamente rigorosa" nei due anni a venire.

Gli ultimi dati sull'inflazione sono certamente deludenti sotto questo aspetto, con l'inflazione core che resta al di sotto dell'1% nel confronto su base annuale – durante i 10 mesi precedenti, l'inflazione core media si è attestata all'1,3%.  A differenza degli Stati Uniti, non ci si aspetta che dalla crescita delle retribuzioni emergano pressioni sui prezzi, poiché il ciclo di ripresa dell'Eurozona è ancora in ritardo rispetto agli Stati Uniti. Nonostante la minore disoccupazione, la crescita dei salari nell'Eurozona resta modesta e appare improbabile la BCE cambi gli attuali tassi di riferimento prima del terzo trimestre del prossimo anno.

Come sappiamo, la BCE ha manifestato l’intenzione di ridurre il suo Programma di acquisto di titoli pubblici (PSPP) a 15 miliardi al mese, con l’obiettivo di azzerarlo entro fine anno, se i dati economici confermeranno le sue previsioni. Allo stesso tempo la BCE è stata di proposito ambigua sulle tempistiche del suo primo rialzo dei tassi, accennando vagamente all’estate del 2019. Il fatto che banca centrale si sia prefissata di seguire un certo percorso sui tassi, cosa non avvenuta in precedenza, ha certamente ridotto la volatilità ed è probabile che le prossime riunioni della banca centrale genereranno meno movimenti sul mercato. Molte probabilmente le discussioni ruoteranno attorno alle previsioni di crescita (specialmente in relazione all’impatto delle guerre commerciali) e alla possibilità di alleggerire gli acquisti mensili di obbligazioni o di acquistare obbligazioni di maggior durata attraverso i reinvestimenti.

Non vi è alcuna certezza che nella prossima riunione la BCE rivelerà quando ha intenzione di alzare i tassi, ma il mercato per ora sta prezzando un percorso molto morbido (con il primo vero rialzo di 20 punti base atteso non prima del primo trimestre 2020). Ma se la previsione di un’inflazione di fondo che crescerà più di quanto il mercato si aspetta si rivelerà esatta, è ipotizzabile che il mercato potrebbe presto cominciare a prezzare un percorso di rialzi dei tassi più rapido.

A cura di: Rocki Gialanella

Parole chiave:

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