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Argentina: la crisi, aspettando le elezioni di ottobre

La soluzione ai problemi dell’Argentina potrebbe essere semplice, basta che la politica trovi coraggio per misure impopolari: come adeguare il fisco in modo che la Banca centrale non stampi pesos per finanziare il deficit, agevolare la svalutazione. L’inflazione supera il 100 per cento.

27/04/2023
grafici rialzisti con sullo sfondo monete
Analisi sul potenziale economico dell'Argentina

Il potenziale economico dell’Argentina resta ancora occultato dalla mancanza di coraggio della politica, chiamata a prendere decisioni draconiane destinate a far perdere consensi perché toccherebbero buona parte dell’elettorato. È un aspetto, questo, che riveste una rilevante importanza in vista delle prossime elezioni presidenziali, che si terrano il 22 ottobre di quest’anno. Il Paese sperimenta da sempre difficili equilibri economici, benché possa vantare aziende di livello mondiale (nei settori del petrolio e del gas), benchè sia all’avanguardia nei pagamenti digitali e dalle sue università escano laureati in grado di reggere il confronto con settori competitivi a livello globale (come la medicina, la programmazione e l’ingegneria).

Inflazione oltre il 100%

Nonostante questo, l’Argentina rimane impantanata nella crisi, con un’inflazione annua superiore al 100%. Le riserve nette sono così basse che il Governo è costretto a razionare la valuta estera e a ricorrere a diversi regimi di cambio nel tentativo di incoraggiare l’export e limitare l’import. Il quadro mina molte delle storie promettenti. Le aziende redditizie, osserva Graham Stock, EM senior sovereign strategist di RBC BlueBay AM, devono affrontare ritardi nell’approvvigionamento di fattori produttivi o macchinari importati. L’incertezza sul futuro livello e sull’accessibilità al mercato dei cambi del Paese scoraggia gli investimenti diretti esteri, necessari per sfruttare al meglio le opportunità offerte (per esempio) da petrolio e gas, dal litio e dall’agroalimentare.

Soluzione semplice per i problemi, ma non per la politica

Buenos Aires fa i conti da tempo con questi problemi le cui soluzioni, secondo Stock, sono relativamente semplici: adeguare la politica fiscale in modo che la Banca centrale non abbia più bisogno di stampare pesos per finanziare il deficit, permettere alla valuta di deprezzarsi fino a raggiungere un livello in cui la domanda eguaglia l’offerta e inserire questi cambiamenti in un quadro politico sostenibile, al fine di estendere l’orizzonte degli investimenti. Tuttavia, dal punto di vista politico questa medicina è poco gradita: l’aggiustamento fiscale colpirebbe la spesa in settori come pensioni, salari dell’amministrazione pubblica e sussidi per l’energia. La svalutazione aggiungerebbe, nel breve, più inflazione, riducendo ulteriormente i redditi.

Ritrovare l’equilibrio dei conti non sarà popolare

Finora l’analisi di RBC BlueBay poggiava sulla convinzione che questo Governo non sarebbe stato disposto a realizzare le misure necessarie. Tuttavia, secondo Stock, in assenza di finanziamenti dai mercati esterni o nazionali, Buenos Aires dovrebbe tenere sotto controllo il deficit per limitare le emissioni inflative della Banca centrale (l’inflazione danneggia il suo elettorato). L’equilibrio non sarebbe né popolare né sostenibile, e quindi le presidenziali del 2023 indurrebbero a tornare probabilmente a una politica più ortodossa. Questa è anche essenzialmente la logica dell’attuale programma dell’Fmi, che pragmaticamente rimborsa le passività dell’Argentina in cambio di un modesto aggiustamento, nella speranza che tempi migliori siano dietro l’angolo.

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Le difficoltà per arrivare alle elezioni presidenziali

Fino allo scorso dicembre, quindi, il quesito che si ponevano gli investitori era essenzialmente se fosse possibile mantenere una relativa stabilità fino alla transizione a fine 2023. Ma, a causa del clima, non è andata così. L’ondata di calore e la siccità nelle regioni chiave per la produzione di soia sono state di una gravità mai vista dal 1961. Il danno del conseguente calo della produzione e dell’export è stimato in circa 20 miliardi di dollari, pari alla metà della produzione agricola prevista. La carenza di valuta estera che ne è seguita richiede un’ulteriore compressione dell’import, attraverso un maggiore razionamento o una svalutazione inflazionistica e politicamente molto costosa, e quindi un ulteriore calo dell’attività e dei redditi reali.

Si inizia a tirare la cinghia

A questo punto la sfida, sul breve termine, non è più solo quella di arrivare alle elezioni, ma anche quella di stringere la cinghia fino a quando non arriveranno tempi migliori. È incoraggiante sentire l’attuale Esecutivo impegnarsi in misure che stringono per davvero la metaforica cinghia. Il sistema pensionistico sarà regolato per ridurre al minimo le persone che si qualificano per ricevere i nuovi pagamenti previsti, più generosi. I sussidi energetici saranno regolati in base al reddito. È stata presentata anche una parziale svalutazione attraverso un tasso di cambio più conveniente per gli esportatori di prodotti agricoli. Queste misure sono in linea con il programma dell’Fmi, il che significa che il prestito continuerà probabilmente a essere rinnovato.

I fattori dell’ottimismo

Inoltre, sottolinea ancora l’esperto di RBC BlueBay, c’è stato nel frattempo il ritorno di un clima più normale che dovrebbe portare alla ripresa dei raccolti. Le piogge nelle principali aree di produzione di grano della Pampa meridionale suggeriscono infatti che il raccolto invernale sarà almeno normale, o forse addirittura eccezionale. Questo sviluppo riporterebbe quei 20 miliardi di dollari nella bilancia dei pagamenti per la stagione 2023-2024. In secondo luogo, aggiunge Stock, dopo oltre un decennio in cui si è discusso del potenziale dei giacimenti di scisto di Vaca Muerta, sembra adesso che saranno fatti passi avanti. In particolare, il gasdotto Nestor Kirchner dovrebbe essere completato nel terzo trimestre di quest’anno, con effetti diretti sulle entrate.

Non è il Venezuela, ma attenti a toccare il debito

Con i bond scambiati a meno di 30 centesimi di dollaro, sul fronte del debito sovrano l’esperto vede valore in tutti i potenziali scenari futuri, meno in quello peggiore. I prezzi potrebbero attestarsi su livelli più bassi nei casi di rifiuto delle relazioni finanziarie (in stile Venezuela) o di imposizione di sanzioni internazionali. Il quadro politico argentino può essere a volte febbrile, ma Stock non vede condizioni per un esito simile. Il quadro istituzionale rimane molto più solido di quello venezuelano e il consenso sulla normalizzazione delle relazioni del Paese col mondo non fa che crescere. L’esito alternativo di un’ennesima ristrutturazione del debito sovrano per guadagnare più tempo per l’aggiustamento sotto il prossimo Governo sembra offrire un modesto rialzo da questi livelli depressi, mentre secondo lo scenario di base di RBC BlueBay un aggiustamento fiscale spingerebbe i prezzi di nuovo vicino ai 50 centesimi di dollaro.

A cura di: Fernando Mancini

Parole chiave:

argentina elezioni inflazione
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