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Bond: i rendimenti dei Treasury hanno nel mirino il 6%
Le imprese intendono trasferire ai consumatori l’aumento dei costi, anche quello provocato dai dazi, mentre i prezzi energetici bassi sono il risultato di manovre politiche. Gli esperti consigliano i TIPS come copertura difensiva, a causa della volatilità e perché l’inflazione resta una minaccia.

C’è fermento sul mercato obbligazionario, la cui prospettiva è di vedere un aumento dei rendimenti causato da un'eccessiva emissione di debito globale, aspettative inflazionistiche persistenti e politiche fiscali espansive. L’attenzione, in particolare, è rivolta al reddito fisso statunitense. Considerato un contesto di alta volatilità è possibile, secondo Arif Husain, head of fixed income e CIO, Fixed Income di T. Rowe Price, che i rendimenti dei titoli Usa salgano fino al 6% entro 12-18 mesi. L’esperto, quindi, suggerisce agli obbligazionisti di proteggersi dall'inflazione, sottolineando l’importanza di mantenere una gestione liquida e flessibile del portafoglio. Intanto, sul mercato si moltiplicano i segnali che anticipano un possibile imminente sommovimento.
Mercato delle emissioni sempre più affollato
Ad aprile c’è stata una massiccia vendita dei Treasury Usa a lunga scadenza: un’onda che potrebbe anticipare un marcato e rapido irripidimento della curva. Anche i fattori macro, ha rilevato Husain, stanno convergendo verso questa direzione, rendendo sempre più probabile un deciso rialzo dei rendimenti, da tempo previsto come scenario centrale della società d’investimenti. Il timore principale riguarda l’eccesso di emissioni a livello globale, conseguenza delle politiche fiscali post-Covid. Non è solo un problema degli Stati Uniti, ma di un mercato affollato in cui tutti i Paesi competono per collocare il proprio debito. Inoltre, i Treasury decennali continuano a offrire rendimenti simili al cash, sostenendo così la pressione al rialzo sui rendimenti.
Rischi inflazionistici in forte aumento
Le tensioni sui dazi hanno accentuato i dubbi su un possibile rialzo dell’inflazione e su una risalita del mercato dei tassi. A questo proposito, stima Husain, i rischi inflazionistici appaiono ‘‘fortemente’’ in aumento, ma gli stimoli fiscali e monetari in Europa, Cina e USA sostengono lo scenario di crescita. Ancora una volta il perno è l’economia Usa: fortemente orientata ai servizi e trainata dalla domanda interna, è sostenuta anche da nuovi stimoli fiscali previsti per l’estate. In questo scenario, le prospettive restano incerte, rendendo prematuro ipotizzare una recessione. Il 2022 ha cambiato profondamente la percezione dell’inflazione: dopo un’esperienza ben più persistente del previsto, sia consumatori sia aziende sono diventati più sensibili e reattivi, rendendo le aspettative più instabili e difficili da ancorare.
Imprese intenzionate a trasferire a valle l’aumento dei costi
Dal confronto con i dirigenti aziendali a livello globale emerge un chiaro orientamento: le imprese intendono trasferire ai clienti l’aumento dei costi, come i dazi e altre pressioni sui margini. In altre parole, il mondo è in pieno shock dell’offerta, cui potrebbe seguirne uno della domanda: scenario che - secondo l’esperto - alimenterebbe ulteriormente l’inflazione, con ricadute sui Treasury USA. Un elemento che oggi attenua queste pressioni è il calo dei prezzi energetici, dovuto però non tanto a un’espansione produttiva statunitense, ma a una scelta politica poco trasparente dell’OPEC+ di aumentare l’offerta. Tuttavia, con il Brent intorno ai 66 dollari, il bilancio saudita rischia di deteriorarsi, richiedendo probabilmente nuovo debito per essere sostenuto.
In attesa del pacchetto fiscale di Trump
Uno degli aspetti del programma dell’Amministrazione Trump ancora poco trattato riguarda i tagli fiscali. Le probabilità che un ampio pacchetto fiscale venga approvato prima della pausa estiva dal Congresso sono in aumento e l’espansione fiscale diventerà così un tema centrale sui mercati. Se da una parte può stimolare la crescita, dall’altra comporta anche il rischio di aumentare la pressione sui Treasury. In T. Rowe Price non escludono che i rendimenti dei Treasury a 10 anni potrebbero salire al 6% entro un anno e mezzo. In particolare, l’aumento dell’inflazione combinato con un’ulteriore espansione fiscale globale potrebbe avere effetti negativi sui tassi, portando a rendimenti ancora più elevati e a un’ulteriore inclinazione della curva dei rendimenti.
Consigliati i TIPS come copertura
Davanti a questa prospettiva, gli investitori dovrebbero prendere le misure necessarie per sfruttare a proprio vantaggio questa situazione. La protezione contro l'inflazione - afferma Husain - resta conveniente, con i break-even a 5 anni intorno al 2,36%. I TIPS (titoli del Tesoro protetti dall'inflazione) sembrano una buona copertura se l'inflazione media dovesse superare questo livello nei prossimi cinque anni, dato l'impatto dei dazi sui prezzi. Nel frattempo, in T. Rowe Price sono soddisfatti di gestire asset liquidi, fondamentali per sfruttare le opportunità offerte dalla volatilità dei mercati. Le correlazioni tra le classi di asset stanno cambiando rapidamente e prevedere queste evoluzioni sarà cruciale per i risultati del portafoglio.