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Lavoro nero: produce quasi 78 miliardi di Pil

Dove c’è più lavoro nero il rischio di infortuni è più elevato. È quanto emerge da uno studio della CGIA di Mestre, secondo cui il lavoro irregolare nel Paese produce quasi 78 miliardi di Pil. La Lombardia è la regione più virtuosa, in Calabria c’è invece la situazione più critica.

31/08/2021
Falegname al suo banco di lavoro
Analisi di CGIA del lavoro nero in Italia

Nelle ultime settimane si è parlato molto degli incidenti avvenuti sul posto di lavoro, ma non si è affrontato questo problema inquadrandolo con il triste fenomeno del lavoro nero. Si tratta di una piaga sociale ed economica nel nostro Paese che, nel suo insieme, ‘produce’ ben 77,8 miliardi di euro di valore aggiunto. È quanto rileva l’Ufficio studi della CGIA di Mestre, secondo cui dove ce n’è di più il rischio di infortuni è decisamente più elevato. Esistono comunque realtà regionali molto diversificate, con Lombardia e Calabria che si posizionano agli antipodi.

Lombardia la più ‘virtuosa’, in Calabria la situazione più critica

La Lombardia, sebbene conti oltre 504 mila lavoratori irregolari, è il territorio meno interessato dal lavoro nero: il tasso di irregolarità è infatti pari al 10,4%, mentre l’incidenza del valore aggiunto prodotto dall’occupazione irregolare sul totale regionale è pari al 3,6%, ovvero il tasso più basso presente nel Paese. Per contro, la situazione più critica è in Calabria: a fronte di ‘soli’ 135.900 lavoratori irregolari, l’irregolarità è del 22% e l’incidenza dell’economia prodotta dal sommerso sul totale locale ammonta al 9,8%, la peggiore performance nazionale.

In sostanza al Nord il “nero” è sotto controllo, mentre preoccupa la situazione nel Sud, dove - anche a causa di ragioni sociali, culturali ed economiche – la presenza dei lavoratori irregolari è molto diffusa. Dopo la Lombardia, tra le regioni solo ‘sfiorate’ dal ‘nero’ si trovano Veneto, Bolzano, Friuli-Venezia Giulia, Piemonte ed Emilia-Romagna. In queste realtà, secondo la CGIA, il peso del fatturato generato dal sommerso sul Pil regionale oscilla tra il 3,7 e il 4%. In coda, poco prima della Calabria, è critica la situazione in Puglia (7,1%), Sicilia (7,8%) e Campania (8,5%).

Poco meno di 3,3 milioni occupati in ‘nero’

A livello nazionale, gli esperti stimano che nel Paese ci siano poco meno di 3,3 milioni di persone che quotidianamente - per qualche ora o per l’intera giornata - si recano nei campi, nelle aziende, nei cantieri edili o nelle abitazioni degli italiani per esercitare un’attività lavorativa irregolare: il tasso di irregolarità è al 12,8 per cento, mentre il peso del valore aggiunto generato dall’economia sommersa è del 4,9 per cento, in poco meno di 78 miliardi di euro. Tra tutti i settori la situazione più critica si riscontra nell’edilizia.

Più infortuni e morti dove c’è più lavoro nero

L’aspetto più drammatico del lavoro irregolare è il tasso di infortuni. Sebbene non ci sia una correlazione lineare, è comunque evidente che nelle regioni dove ci sono più lavoratori irregolari il rischio di avere infortuni e morti sul lavoro è più elevato. Purtroppo, ammettono in CGIA, i dati ufficiali ‘faticano’ a dimostrare tale assunto: dove dilaga l’economia sommersa, infatti, le persone che si infortunano spesso non denunciano l’accaduto o, quando sono costrette, dichiarano il falso per non arrecare danni ai caporali o a chi li ha ingaggiati irregolarmente.

A cura di: Fernando Mancini

Parole chiave:

cgia lavoro pil
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