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Partite IVA: tornano a crescere, ma i classici impieghi scendono

Crescono di nuovo le partite IVA. Tuttavia, mentre le attività non regolamentate come web designer, consulenti e manager social media aumentano, artigiani, piccoli commercianti e agricoltori stanno diminuendo. La ripresa economica e un regime fiscale semplificato hanno contribuito all'aumento.

21/02/2024
l'interno di un centro commerciale
Analisi sulla crescita delle partite IVA

L’iniziativa privata si sta risvegliando nel nostro Paese, dopo che nel 2020 la pandemia ha messo a tappetto molte attività e imposto la chiusura definitiva di non poche saracinesche. Il popolo delle partite IVA, secondo una ricerca della CGIA, è infatti tornato ad aumentare e oggi stabilmente viaggia sopra i 5 milioni di effettivi. Nel dettaglio, a dicembre la platea contava 5.045.000 lavoratori indipendenti e, sebbene il numero sia in lieve aumento rispetto a quattro anni fa, è bene sottolineare che rimane molto distante dai 6,2 milioni registrati nel 2004. È altresì utile segnalare che il miglioramento della tendenza non è uniforme, ovvero non tutte le categorie appartenenti al mondo del lavoro autonomo godono di buona salute.

Cresce il nodo delle professioni non regolamentate

Dallo studio, infatti, emerge che molte professioni sono in grosse difficoltà e il loro numero sta diminuendo: in particolare, la nota riguarda i lavoratori autonomi classici, come gli artigiani, i piccoli commercianti e gli agricoltori. Diversamente, sono in espansione le partite IVA senza albo o un ordine professionale. Tra questi spiccano professioni non regolamentate come quelle praticate da web designer, social media manager, pubblicitari, formatori, consulenti agli investimenti, consulenti informatici, consulenti aziendali, utility manager, sociologi, amministratori di condominio. Il popolo delle partite IVA, delle microimprese e i loro dipendenti sono un blocco sociale di oltre 6 milioni di persone che, prima del Covid, produceva quasi 200 miliardi di Pil.

Il rimbalzo dopo il Covid

Stiamo parlando di un blocco, secondo gli esperti della CGIA, che negli ultimi 40 anni è diventato centrale in molte regioni del Paese, arrivando a rappresentare una componente strutturale dell’intero sistema economico, soprattutto nel Nordest. I valori associati a questo mondo – contare sulle proprie forze, accettare di misurarsi col mercato senza alcun paracadute sociale, puntare al miglioramento delle proprie condizioni di vita attraverso l’autorealizzazione personale - hanno caratterizzato almeno due generazioni di lavoratori indipendenti. Il trend positivo è sicuramente ascrivibile alla ripresa maturata nel post Covid. Con un Pil che nel 2021-22 ha toccato livelli di espansione molto elevati, è aumentata l’occupazione, anche quella indipendente.

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Boom dello smart working e fenomeno delle finte partite IVA

Sicuramente, sottolineano gli esperti, ad allargare la platea degli autonomi ha concorso anche il fisco. L’introduzione del regime forfettario per le attività autonome con ricavi e compensi inferiori a 85mila euro ha infatti reso meno gravoso di un tempo gestire fiscalmente un’attività in proprio. Infine, aggiungono, non è nemmeno da escludere che la crescita numerica di questo settore sia riconducibile anche all’incremento delle false partite IVA. Grazie al boom dello smart working avvenuto in questi ultimi anni di pandemia, è probabile infatti che le finte partite IVA siano aumentate, anche se, attualmente, il numero complessivo di queste ultime è stimato attorno alle 500mila unità. Una soglia che era stata raggiunta una ventina d’anni fa.

Soffre il centro

La crescita della piccola impresa non è stata comunque uniforme a livello Paese. Ancorché gli ultimi dati disponibili a livello territoriale siano aggiornati ai primi 9 mesi del 2023, per quanto riguarda il trend dei lavoratori indipendenti, l’incremento dell’intera platea non ha interessato tutte le regioni. Se il Molise (+8,4%), la Liguria (+8,2%), la Calabria e l’Emilia-Romagna (entrambe +5,6%) hanno registrato gli aumenti più importanti, per contro l’Abruzzo (-4,9%), l’Umbria (-5,6%), il Trentino-Alto Adige (-8,4%) e le Marche (-10,1%) hanno subito le contrazioni più significative. Permane, come accennato, la crisi dei lavoratori autonomi ‘classici’ (pari a quasi il 75% del totale dei lavoratori indipendenti) che confermano di essere in costante diminuzione.

Meno artigiani, commercianti e agricoltori

A questo riguardo, la ricerca fa riferimento alle categorie degli artigiani, dei piccoli commercianti e degli agricoltori. Se il confronto viene fatto tra il 2014 e il 2022 (il più esteso arco temporale che i dati Inps consentono di monitorare), il numero totale di queste tre categorie è sceso di 495 mila unità. Gli agricoltori sono calati di 33.500 unità (-7,5%), i commercianti di 203.000 (-9,7%) e gli artigiani di quasi 258.500 (-15,2%). Nelle tre categorie i dati includono le posizioni Inps dei titolari dell’azienda, dei soci e dei collaboratori familiari.

A cura di: Fernando Mancini

Parole chiave:

cgia partite iva artigiani
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