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Petrolio: in accelerazione, Trump lascia spazio a accordo con Cina

Donald Trump ha dato ulteriore slancio ai prezzi del petrolio, già in fermento per i venti di guerra che hanno incominciato a soffiare nel Golfo Persico, ridando speranza anche sul fatto che ci possa essere un accordo commerciale tra gli Stati Uniti e la Cina.

19/06/2019
palazzo
Petrolio: prezzi in ascesa

Un tweet del Presidente statunitense, Donald Trump, ha dato ulteriore slancio ai prezzi del petrolio, già in fermento per i venti di guerra che hanno incominciato a soffiare nel Golfo Persico. Il messaggio, al contrario di quanto finora temuto dai mercati, ha ridato speranza che ci possa essere un accordo commerciale tra gli Stati Uniti e la Cina. L’inquilino della Casa Bianca, in particolare, ha riferito di avere avuto “una conversazione telefonica molto buona” con il suo omologo cinese, Xi Jinping. Inoltre, ha annunciato Trump, “avremo un lungo incontro la prossima settimana al G20 in Giappone”. In sintonia le dichiarazioni rilasciate dal presidente cinese, secondo cui “Cina e Stati Uniti guadagneranno entrambi cooperando e perderanno invece lottando”. Lo spauracchio di una guerra commerciale a tutto tondo, con effetti devastanti sull’economie mondiali, sembra per ora scongiurato. Era quello che gli investitori aspettavano, per iniziare a scommettere su consumi di greggio più elevati rispetto a un periodo di crisi. 

Tensioni nel Golfo contribuiscono alla fermezza dei prezzi

I mercati restano comunque in fibrillazione per un altro fattore: il rischio di una carenza di disponibilità di materia prima. Fattore che, rispetto allo scenario politico-commerciale, è diventato una priorità la scorsa settimana con il riacutizzarsi delle tensioni in Medio Oriente. Gli attacchi alle due petroliere avvenuti nel Golfo di Oman hanno avuto come ripercussione un immediato balzo dei corsi petroliferi. Le conseguenze di questi attentati al momento sono prevalentemente di carattere emotivo, ma le tensioni rischiano di esplodere per l’aspro confronto che si sta delineando tra l’Iran e l’Arabia Saudita. Il primo Paese è oggetto di un rigido embargo da parte degli Stati Uniti, il secondo agisce invece con il pieno appoggio di Washington. 

Infatti la petroliera norvegese Front Altair, appartenente alla compagnia Frontline, che stava trasportando 75mila tonnellate di nafta è stata attaccata e, secondo quanto riferito dalle autorità marittime norvegesi, sono state segnalate tre esplosioni a bordo. E Frontline ha chiarito che il tanker non è stato affondato, anche se il personale a bordo (23 persone) è stato tratto in salvo e nessuno sarebbe rimasto ferito. L'altra nave coinvolta dagli attacchi - nelle stesse acque – è la giapponese Kokua Courageous, che trasportava un carico di metanolo: secondo quanto riferito dall'armatore, il personale (21 persone) ha abbandonato la nave e il carico non ha subito danni. L’Iran ha smentito qualsiasi coinvolgimento nella vicenda, definendoli “attacchi sospetti”, come per altro aveva negato di essere dietro agli attacchi (tramite droni) avvenuti alcune settimane fa contro due pozzi petroliferi sauditi.

Due petroliere attaccate nel principale nodo petrolifero

Da rilevare che, secondo l’Agenzia dell’Energia Internazionale (Aie), l’Opec nel 2020 produrrà 29,8 milioni di barili di petrolio al giorno, di questi ben 18 milioni transiteranno nel Golfo: si tratta per questo dello snodo petrolifero più importante al mondo.La tensione dunque resta alta per le incognite che può riservare il quadro geo-politico, mentre l’attenzione del mercato si sta concentrando anche sulle difficoltà che stanno incontrando i membri Opec nel trovare un vero accordo sui tagli alla produzione di greggio. L’orientamento di massima è quello ma, secondo gli osservatori, l’Organizzazione dei Paesi produttori di petrolio non riesce a fissare una data per rinnovare questo impegno (visto che l’attuale accordo giungerà a scadenza con giugno). L’incontro già in agenda a Vienna per il 25 e 26 giugno rischia infatti di slittare ai primi giorni di luglio. 

Ubs vede il greggio a 70 dollari 

La rottura di alcune soglie tecniche, parlando di prezzi, quota 54 dollari al barile per il greggio statunitense qualità Wti e 62 dollari per il Brent, contribuisce a dare propellente al mercato.In una recente analisi, gli esperti di Ubs vedono il greggio a 70 dollari, nel secondo semestre di qeust’anno, sostenuto da un positivo quadro dei fondamentali e dalla crescente tensione tra Iran e Stati Uniti. Inoltre, aggiungono, la spinta rialzista dovrebbe essere favorita dal calo della produzione attesa per l’Iran e il Venezuela.

A cura di: Fernando Mancini

Parole chiave:

petrolio trump opec prezzi golfo
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