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Usa: tassi fermi per tutto il 2025 con incertezza sui dazi
Negli Usa i consumi e la domanda interna sono solidi, sostenuti da un aumento dei salari e della spesa familiare. Tuttavia, le politiche protezionistiche potrebbero indebolire la fiducia dei consumatori e frenare gli investimenti delle imprese, se venissero applicati dazi significativi.

All’orizzonte dell’economia statunitense si stanno addensando alcune nubi, molte alimentate dall’incerto impatto che avrà la politica sui dazi dell’Amministrazione Usa. Tra le minacce ci sono il ritorno dell’inflazione e una maggiore cautela negli investimenti da parte delle imprese. Intanto, secondo lo Schroders Economics Team, le previsioni economiche per gli Stati Uniti restano positive, con una crescita attesa del 2,5% per quest’anno e del 2,7% nel prossimo. Tuttavia, un persistente squilibrio tra la produzione e il Pil, che continua a essere attorno al 2%, contribuirà a mantenere l'inflazione su livelli piuttosto elevati.
Inflazione al 3% nel 2025 e nel 2026
A questa situazione si aggiungono possibili ulteriori pressioni inflative dovute – appunto – alle politiche protezionistiche, come l'imposizione di dazi e le restrizioni sull'immigrazione. L'inflazione, secondo gli stessi esperti, dovrebbe rimanere attorno al 3% nel 2025-26: condizione – distante dal target ufficiale del 2% – che potrebbe facilmente riportare il dibattito sugli aumenti dei tassi. Nulla di certo, ma è molto probabile che la Fed agirà con prudenza, preferendo rimandare eventuali strette al 2026, a causa delle incertezze legate alle politiche dell’Amministrazione. Nel frattempo, si cerca di capire meglio come si muove l’economia.
I consumi rimangono sostenuti
Nel quarto trimestre, il Pil è cresciuto del 2,3% e sarebbe stato più elevato se non fosse stato per un forte calo delle scorte. Tuttavia, si prevede che questa situazione si risolva entro il primo semestre, anche se i dazi non sembrano essere la principale causa di accumuli di scorte. Complessivamente, la domanda interna rimane robusta, favorita da una forte crescita dei salari reali e da un aumento marcato della spesa delle famiglie (+4,2% nel quarto trimestre). Tali fattori continuano a essere favorevoli, con una potenziale spinta dall'allentamento delle condizioni finanziarie che potrebbe stimolare un ciclo di credito e incrementare l'acquisto di beni durevoli.
Le politiche protezionistiche minano la fiducia
Nonostante ciò, il protezionismo potrebbe mettere a rischio questa espansione economica. Se venissero implementati i dazi del 25% su Canada e Messico, gli esperti prevedono un aumento dei prezzi dello 0,5% e un calo del Pil dello 0,25%. Anche se dubitano che l'Amministrazione attuerà completamente queste tariffe, le stesse potrebbero comunque minare la fiducia dei consumatori, inducendoli ad aumentare il loro tasso di risparmio e le imprese potrebbero ridurre le loro intenzioni di assunzione e investimento. Tuttavia, lo Schroders Economics Team stima che tali timori siano eccessivi, perché la spesa dei consumatori rimane resiliente, anche in presenza di un sentiment moderato e perché nel 2023 i timori di una recessione non hanno pesato sull'attività delle imprese.
Crescita oltre i limiti produttivi
La prospettiva di una crescita così forte solleva dubbi sulla possibilità di un ulteriore freno dell'inflazione, soprattutto alla luce dell’aumento dello 0,4% dell'IPC di gennaio. Sebbene alcuni recenti rialzi dell'inflazione possano essere spiegati da fattori stagionali, resta il timore fondamentale per le dinamiche dei prezzi, visto che l'economia continua a operare oltre i suoi limiti produttivi. Negli ultimi anni, il ritmo della produttività ha contribuito a evitare gravi problemi, ma il rallentamento della produttività, scesa all'1,2% nel quarto trimestre, suggerisce che questo trend potrebbe non persistere. La produttività dovrà aumentare per compensare la riduzione dei lavoratori immigrati, da cui il mercato del lavoro dipendeva notevolmente dalla pandemia.
Il ciclo ribassista si è concluso
In particolare, l’aumento del 3% dei costi unitari del lavoro nel quarto trimestre anticipa sviluppi futuri. Pertanto, gli esperti hanno rivisto l'inflazione del 2025 al 3,1%, quella del 2026 al 2,8%. In un tale contesto, il team ritiene che la Fed abbia già concluso il ciclo di allentamento. Nonostante il Presidente Powell sostenga che mantenere i tassi invariati sia sufficiente a rendere la politica monetaria restrittiva, gli esperti rilevano che l'economia mostri segni di surriscaldamento, il che implica che il tasso neutrale della Fed potrebbe essere più alto della sua stima del 3%. Di riflesso, prevedono rialzi dei tassi, che potrebbero arrivare già nel 2025, anche se l'incertezza politica suggerisce che la Fed adotti un approccio più cauto. Gli stessi esperti continuano così a prevedere un aumento di 50 punti base nel 2026.
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