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Mercati, tutti entusiasti di Trump

11/11/2016

La settimana che si sta chiudendo verrà ricordata come una delle più folli della storia dei mercati finanziari. Infatti l'elezione a sorpresa di Donald Trump alla presidenza degli stati Uniti d'America è stata salutata inizialmente con un collasso dei mercati finanziari, un indebolimento del dollaro e una forte ascesa dei titoli di stato e dell'oro.

A un certo punto, nella tarda notte italiana, i future sull'S&P 500 e sul Nasdaq 100 sono stati sospesi per eccesso di ribasso (-5%), con l'Asia (Cina a parte) che ha aperto in maniera disastrosa. Da lì in poi si è rovesciato tutto: non solo sono state recuperate interamente le perdite, ma i mercati di tutto il mondo hanno visto una forte crescita dei corsi, tanto che nella giornata di giovedì il Dow Jones ha toccato un nuovo record storico.

All'improvviso, con uno di quei movimenti che tendono a mettere in crisi le teorie sulla razionalità dei mercati, Donald Trump è passato dal ruolo di maggiore pericolo che incombeva sull'economia mondiale in autore di un programma pro-crescita per diversi comparti dell'economia globale.

Servizi finanziari, energia, farmaceutici e altri hanno trovato tutti investitori entusiasti nei confronti delle prospettive di un nuovo e diverso ciclo economico globale. Nel frattempo ormai volge al termine la stagione degli utili, con circa i nove decimi delle aziende dell'S&P 500 che hanno riportato profitti. Fra cifre effettive e stime, siamo in crescita rispetto al terzo trimestre del 2015, di circa il 2,7%. Se ci spostiamo in Europa, però, il quadro appare meno roseo: lo Stoxx 600 dovrebbe vedere un calo degli utili di circa il 12% rispetto al terzo trimestre del 2015.

In questo contesto si segnala la forza del mercato azionario cinese domestico, quello delle azioni A, che è solo parzialmente accessibile agli stranieri e che continua a mettere a segno un massimo dopo l'altro dopo il crash di gennaio. Questo movimento sta avvenendo peraltro con una volatilità molto contenuta, estrema costanza e una pressoché totale decorrelazione rispetto alle altre piazze finanziarie. Altri emergenti, invece, si stanno dimostrando più fragili, dopo il botto post-Trump: il finale di settimana sta vedendo una certa debolezza, probabilmente favorita anche dalla forza del dollaro e dalle prospettive di rientro di molti capitali in Usa.

La settimana prossima ovviamente promette di essere non facilmente prevedibile. Verranno comunque riportati diversi dati di notevole interesse: sono da ricordare la produzione industriale nell'Eurozona per settembre, le vendite al dettaglio e quelle dell'auto in Cina, l'andamento dei prezzi delle abitazioni del Dragone, l'inflazione e le vendite al dettaglio in Usa e la seconda stima del Pil dell'area euro.

Non è improbabile che dopo la sbornia elettorale gli investitori tornino a focalizzarsi sull'economia che a dir la verità si sta rivelando meno volatile, a giudicare dai dati, rispetto alle periodiche fasi di euforia e panico che si registrano sui mercati. Nel frattempo, comunque, il Vix, che misura la volatilità implicita nelle quotazioni delle opzioni sull'S&P 500, continua la propria discesa al ribasso, dopo la breve follia della notte elettorale, ed è arrivato ormai sotto quota 15, dopo avere superato 22 a inizio novembre, il livello più alto dai tempi della Brexit.

Per il momento, dunque, i mercati stanno scommettendo almeno su una parziale schiarita del rischio politico e sulla continuità degli elementi positivi dell'attuale economia globale: sarà sicuramente interessante capire a questo punto come il mercato reagirà alla nomina degli uomini chiave nella nuova amministrazione Trump.

A cura di: Boris Secciani

Parole chiave:

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