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2018, l'anno dell'unificazione dei mercati cinesi

11/12/2017

Il 2017 è stato un anno positivo per la Cina, con il  Pil che ha stupito finora in positivo per qualche decimale e la fiducia che è tornata sui mercati. Il risultato è molto importante e ha rappresentato probabilmente una svolta non da poco per l'andamento globale e per quello dei mercati emergenti in particolare. Infatti il biennio precedente era stato caratterizzato dal più cupo pessimismo nei confronti del Dragone, da diversi analistii percepito come la prossima fonte di crisi finanziaria.

Per il momento il paese sta dimostrando una capacità quasi inscalfibile di marciare verso una società dal benessere materiale diffuso, grazie alla propria crescente capacità tecnologica. Il risultato è che a guidare la riscossa cinese sui mercati è stato soprattutto il settore It, i cui massimi campioni sono quotati sotto forma di depositary receipt a Hong Kong e New York. A parte il calo delle ultime settimane, sia Tencent, sia Alibaba hanno vissuto un 2017 pazzesco, con la capitalizzazione che si è portata a ridosso di 500 miliardi di dollari, la più elevata mai raggiunta da aziende asiatiche e nelle primissime posizioni mondiali.

E il successo di queste imprese potrebbe venire replicato da una pletora di gruppi tecnologicamente avanzati in campi come i droni commerciali, le auto elettriche, l'intelligenza artificiale e la fintech. Ciò che comunque è importante sottolineare è che l'ascesa della new economy cinese nel 2017 ha finalmente portato a un effetto di trascinamento anche sul resto del sistema. Finora il fenomeno si è manifestato soprattutto per i titoli quotati sui mercati esteri: ad esempio l'indice più importante delle azioni H, che raccoglie le maggiori azioni cinesi quotate a Hong Kong, l’Hang Seng China Enterprises Index, si trova attualmente in rialzo di quasi il 22% dall’inizio dell’anno, un risultato migliore dell'S&P 500 (ricordiamo che il dollaro di Hong Kong è legato alla divisa americana con un regime di cambi fissi).

Se andiamo poi a osservare il famigerato mercato domestico di Shanghai, dominato in gran parte da investitori retail domestici, troviamo un rialzo a oggi superiore al 7%. Le ultime settimane hanno visto un certo calo sui mercati asiatici: a metà novembre infatti si veleggiava nell'ambito di guadagni a cifra doppia. A tutto ciò va aggiunta la stabilizzazione dello yuan: il dollaro attualmente è in discesa di circa il 4,7% nei confronti della moneta cinese e anche questo è uno sviluppo su cui pochi avrebbero puntato un anno fa.

Va inoltre considerato che le azioni cinesi continuano a essere alquanto sottopesate nei portafogli degli investitori internazionali in emergenti, mentre i capitali domestici provengono soprattutto dal retail, che a sua volta guarda ancora all'immobiliare come prima scelta. Insomma ci sono tutti gli ingredienti perché non solo il processo di guarigione prosegua, ma che addirittura si intensifichi. Ma in quali termini ciò potrebbe accadere? È difficile pensare a performance di nuovo prepotentemente positive per i colossi della tecnologia nel 2018, ma è probabile un generale rerating accompagnato da una buona crescita degli utili.

Il che potrebbe innescare un fenomeno che finora non si è mai visto sui mercati cinesi, ossia una loro unificazione nella percezione degli investitori e una loro maggiore correlazione all'interno di un bull market generale. Non a caso uno dei maggiori strategist di un colosso tedesco dei servizi finanziari nel suo outlook per il 2018 indicava proprio la trasformazione dell'azionario cinese in una asset class unica come un tema su cui puntare con prodotti ad hoc.

Se ciò avvenisse, per la Cina significherebbe l'avvio di una salto quantistico verso la maturità capitalistica.

A cura di: Boris Secciani

Parole chiave:

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