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Una visione contrarian sulla Cina

16/01/2019

Dopo avere analizzato i pericoli di un forte rallentamento cinese e avere viso che tale evento costituirebbe la proverbiale goccia che fa traboccare il vaso dell'economia globale verso la recessione, potrebbe verificarsi lo scenario opposto: una Cina che nel 2019 sovraperformi a ogni livello, valutario, obbligazionario e azionario.

Se elementi di pessimismo ce ne sono in abbondanza, non si può dimenticare che vi sono anche fattori che potrebbero portare a scegliere il Dragone con un certo spirito contrarian. Innanzitutto la crescita economica rimane fra le più elevate al mondo: rispetto ad altre nazioni emergenti, la Repubblica Popolare ha mostrato finora una stabilità finanziaria, economica e sociale imparagonabile rispetto ad altre nazioni in via di sviluppo di grandi dimensioni. Se confrontiamo l'economia locale a quella di Brasile, Filippine, India, Indonesia, Messico e Russia (tanto per citare qualche esempio), i fondamentali cinesi appaiono di gran lunga migliori. Al tempo stesso il mercato azionario locale, nei suoi vari segmenti domestici e internazionali, è stato punito in una maniera decisamente dura. Allo stato attuale, infatti, il P/E forward del mercato del Dragone è intorno a quota 10, fra i valori più contenuti sul pianeta e pure in ambito emergente. Anche al netto della non cristallina governance di molte aziende (peraltro non un'esclusiva locale), è indubbio che Shanghai, Shenzhen, red share e altri pezzi dell'equity del gigante asiatico sono stati fra i precursori del clima di pessimismo ora generale.

Sentiment di pessimismo che nell’ultimo periodo non ha comunque visto un peggioramento relativo, tanto che negli ultimi terribili quattro mesi e mezzo, iniziati a fine agosto, lo Shanghai composite ha lasciato sul terreno meno del 6%, una performance largamente migliore rispetto alla maggior parte dei benchmark azionari rilevanti. In contemporanea pure lo yuan sembra che stia trovando maggiore stabilità. Notoriamente l'azionario della Repubblica Popolare mostra scarsa correlazione con il resto degli asset rischiosi, il che spesso si traduce in fiammate rialziste improvvise che possono avvenire anche in condizioni di relativa calma nel resto del mondo.

Stando così le cose, qualora si allentassero i timori sull'arrivo di una nuova fase di crisi e magari si arrivasse a un compromesso (anche sul breve periodo) con gli Usa, non risulterebbe inconcepibile assistere a un forte rimbalzo degli asset locali. Anche in condizioni di debolezza generalizzata, qualora i dati economici locali mostrino un livello appena migliore delle magre aspettative, si potrebbe assistere magari a un andamento simile a quello degli ultimi quattro mesi: scadente, ma non peggiore di tante altre piazze.

Non va dimenticato, infatti, un elemento: la Cina è attualmente l'unica grande economia del mondo che sta aumentando i propri stimoli fiscali e monetari, con una sforbiciata alle imposte di imprese e famiglie, programmi di investimenti e un abbassamento di 100 punti base del coefficiente di riserva obbligatoria delle banche. Quest'ultima misura, effettiva già questo gennaio, dovrebbe portare a un aumento dei prestiti bancari di 100 miliardi di euro.

Certamente i rischi esposti nella nostra precedente analisi sono destinati ad aleggiare sui mercati cinesi, tanto che obiettivamente una sovraesposizione all'equity locale può essere consigliata solo per quelle asset allocation particolarmente aggressive e prone al rischio, ma la possibilità di vedere una Cina meglio del cupo consensus attuale non costituisce uno scenario così estremo e fuori dalla realtà.

A cura di: Boris Secciani

Parole chiave:

cina contrarian performance
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