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Arte: l’asset alternativo quando i mercati scricchiolano
L’arte è resiliente nelle fasi recessive, come l’oro. Esempi: la vendita della Collezione Yves Saint Laurent–Bergé nel 2009 e il rendimento medio del 13 per cento annuo ottenuto dal British Rail Pension Fund negli anni ’70. Rarità e tangibilità la rendono un potenziale scudo contro l’inflazione.
Molti investitori, in un periodo – come quello attuale – segnato da inflazione ancora alta, tensioni geopolitiche, incertezza sulla crescita economica globale e ritorno del protezionismo, cercano strumenti capaci di proteggere il capitale e ridurre la volatilità dei portafogli. Tra le soluzioni alternative che stanno guadagnando spazio nelle loro strategie c’è anche l’arte, un mercato che si muove in modo indipendente rispetto ai listini finanziari. L’assenza di una correlazione diretta con i fattori che pilotano il mondo finanziario rende infatti questo asset tra quelli maggiormente preferiti: un comparto che - secondo l’Art Basel & UBS Art Market Report 2025 - resta solido nel tempo.
Arte: un mercato solido e anticiclico
È sufficiente solo un numero a rivelare l’importanza di questo mercato: nel 2024 il mercato mondiale dell’arte ha generato circa 57,5 miliardi di dollari, seppur in diminuzione rispetto all’anno precedente. La flessione, secondo Alberto Bassi, head per l’Italia di Matis (piattaforma per gli investimenti collettivi nell’arte), ha riguardato soprattutto le opere di fascia molto alta, mentre il segmento ‘blue chip’ — che include lavori di grandi artisti del Novecento — si conferma stabile grazie alla domanda istituzionale e ai collezionisti internazionali. Negli ultimi vent’anni, nonostante fasi economiche complesse, questo mercato ha mantenuto volumi compresi tra 50 e 70 miliardi di dollari l’anno, mostrando una capacità di resistenza rara rispetto ad azioni e obbligazioni.
Perché l’arte si muove in modo indipendente dalla finanza?
Il valore di un’opera non dipende da tassi d’interesse o utili aziendali, ma da elementi come la reputazione dell’artista, la provenienza e la qualità del lavoro. Per questo motivo, spiega l’esperto, l’arte tende a rispondere a logiche diverse rispetto ai mercati quotati e può offrire un supporto nei periodi di forte instabilità. La storia conferma questa dinamica. Durante la crisi del 1929 – per esempio – molti investitori si rifugiarono nell’oro e il prezzo dell’oncia salì rapidamente: l’arte oggi mostra un comportamento simile, mantenendo una certa solidità nelle fasi recessive. Anche nel 2008, nonostante il calo generale delle transazioni, le opere considerate più solide dal mercato hanno tenuto il valore. Ne è un esempio la celebre vendita della Collezione Yves Saint Laurent e Pierre Bergé, che nel 2009 totalizzò quasi 380 milioni di euro, con un dipinto di Henri Matisse battuto a una cifra tripla rispetto alla stima minima.
Arte come bene reale: lezioni dalla storia
Altri esempi provano che l’arte si comporta spesso come un bene reale. Negli anni ’70, in piena inflazione, il British Rail Pension Fund investì una piccola parte del proprio patrimonio in opere d’arte ottenendo un rendimento medio del 13% annuo in quindici anni. Risulta quindi facile capire il perché è sempre più diffusa la considerazione che la rarità delle opere e la loro natura tangibile possano offrire una protezione dal calo del potere d’acquisto. E non si può trascurare che negli ultimi anni il settore sta vivendo una trasformazione. Circa un quinto delle vendite, infatti, avviene ormai online e sono cresciute le formule di investimento condiviso, come i ‘club deal’, che permettono di accedere a opere di valore elevato dividendo la quota tra più soggetti.
Mercato arte non elitario, ma occorrono competenze e orizzonte temporale
Investire nell’arte non è esclusivamente per gli addetti, ma non è comunque per tutti, perché rimane un mercato complesso, poco liquido e con dinamiche non sempre prevedibili. Per questo, spiega Bassi, la competenza degli operatori è fondamentale, così come un approccio paziente e orientato al lungo periodo. E, sottolinea ancora, dovrebbe rivestire un ruolo complementare nei portafogli. L’arte, infatti, non sostituisce gli investimenti tradizionali, ma può affiancarli offrendo stabilità (e compensazione) nei momenti difficili e un valore aggiunto anche sotto il profilo culturale. In un contesto economico incerto, la sua combinazione di tangibilità e prestigio può trasformarla in un bene rifugio unico: un investimento capace di proteggere il patrimonio finanziario e, allo stesso tempo, di arricchirne quello immateriale.
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