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Economia: il commercio globale frena, l’Italia tiene grazie a PNRR
L’aliquota media sui prodotti italiani esportati negli Usa è salita dal 2,2 al 16 per cento, con una perdita stimata di 0,4 punti di Pil entro il 2027. L’export crescerà solo dello 0,5 per cento medio nei prossimi due anni. Tuttavia, nuovi investimenti europei offriranno un parziale sostegno.

Dopo mesi di tensioni commerciali, i recenti progressi fatti negli accordi bilaterali hanno ridotto l’incertezza legata alla politica dei dazi statunitensi. Tuttavia, secondo Prometeia, l’aumento delle tariffe doganali inizia a pesare sul commercio mondiale che, dopo una crescita del 2,9% nel 2025, dovrebbe nel 2026 rallentare bruscamente all’1,4%. Intanto, l’economia globale procede a diverse velocità: se Usa e Cina continuano a mostrare una certa tenuta, l’Eurozona è quasi ferma. In questo contesto, l’Italia resiste meglio del previsto: nonostante l’impatto dei dazi sull’export, la crescita resta sostenuta grazie agli investimenti legati al PNRR, con finanze pubbliche in graduale miglioramento e un’inflazione ormai sotto controllo.
Pil italiano: +0,5% nel 2025 e +0,7% nel 2026
La nostra congiuntura mostra segnali di rallentamento, ma mantiene una traiettoria positiva, nonostante le nuove tensioni commerciali con gli Usa. Secondo le recenti stime, il Pil italiano crescerà dello 0,5% nel 2025 e dello 0,7% nel 2026, in linea con le precedenti stime. Tuttavia, la maggiore esposizione dell’Italia agli Usa rende il Paese più vulnerabile agli effetti dei dazi d’oltreoceano. Ecco perché, dopo un aumento dello 0,3% nel primo trimestre, il Pil ha accusato nel secondo una contrazione dello 0,1%, soprattutto per il forte calo dell’export e la debolezza dei consumi interni. La crescita dei primi mesi dell’anno era stata sostenuta dalla domanda interna al netto delle scorte (+0,4 pp) e dalla domanda estera (+0,1 pp), ma nel secondo trimestre ha segnato un’inversione per il deterioramento del commercio con l’estero.
Da Prometeia segnalano inoltre che l’investimento rimane il principale motore della nostra economia, con un’espansione diffusa in tutti i comparti, in particolare nel settore costruzioni, ancora trainate dall’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. La spesa per consumi, invece, rimane stabile, frenata dall’incertezza e dal calo di fiducia delle famiglie.
Dazi: export verso gli USA colpito da un aumento medio al 16%
I dazi hanno portato l’aliquota media sul nostro export verso gli Usa dal 2,2% al 16%. Gli analisti stimano che ciò comporterà una perdita cumulata di circa 0,4 punti di Pil entro il 2027, con una crescita media dell’export nei prossimi due anni limitata allo 0,5%, ben sotto l’aumento della domanda potenziale (+1,8%). Il danno, spiegano, sarà in parte compensato da una maggiore spesa per la difesa europea e dal piano tedesco di investimenti infrastrutturali, che dovrebbero sostenere la domanda aggregata del continente. Nell’industria italiana si intravedono segnali di stabilizzazione: a luglio la produzione è cresciuta dello 0,4% mensile, mentre i modelli previsionali indicano una crescita media dello 0,1% nel terzo trimestre. Si tratta, tuttavia, più di un arresto della contrazione che di una vera ripresa.
Occupazione solida ma frena, inflazione in Italia sotto controllo
Il mercato del lavoro resta resiliente, con la disoccupazione al 6% ad agosto, minimo storico. La crescita dell’occupazione, però, si sta indebolendo (0,2% in agosto). Finora l’espansione è stata sostenuta soprattutto dal PNRR e, con il graduale esaurirsi dei fondi, è atteso un rallentamento, in particolare nei settori delle costruzioni e dei servizi professionali. La produttività, invece, dovrebbe beneficiare degli investimenti tecnologici. L’inflazione rimane contenuta: a settembre i prezzi al consumo sono saliti dell’1,6%, sotto la media dell’area euro. L’energia contribuisce a mantenere bassi i prezzi, mentre i beni alimentari freschi mostrano un aumento marcato (+4,8% annuo). La crescita salariale, dopo un picco al 3,5% nella prima metà dell’anno, è rallentata al 2,7% a giugno, restando inferiore a quella degli altri Paesi Ue.
Quadro sull'economia internazionale
A livello globale, la conclusione di nuovi accordi bilaterali contiene l’incertezza sui dazi Usa, che restano comunque elevati: +50% su acciaio, alluminio e rame, +25% su auto, +30% su beni cinesi e fino al 15% su selezionati prodotti europei. Nel secondo trimestre gli Usa (+0,8%) e la Cina (+1,1%) hanno mostrato resilienza, mentre l’Eurozona è cresciuta solo dello 0,1. Il commercio globale, dopo il +2,9% del 2025, nel 2026 è atteso rallentare a +1,4%. La debole domanda mondiale mantiene bassi i prezzi delle commodities, favorendo un’inflazione moderata e permettendo alle Banche Centrali, soprattutto nei Paesi emergenti, di normalizzare la politica monetaria. Nel 2025 il traino iniziale di Usa e Cina spinge la crescita globale al 2,9%, mentre per il 2026 Prometeia stima una frenata al 2,5% per le conseguenze dei dazi e della minore domanda internazionale.