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Inflazione: nello scenario di Bce e Fed è persistente

L’orizzonte della politica monetaria Usa e della Bce non lascia vedere molto spazio per un allentamento poiché l’inflazione fa fatica a scendere. Per questo il parere del board della Fed si sta spostando verso l’alto. Intanto la crisi bancaria potrebbe incidere sulle condizioni finanziarie.

29/04/2023
pile di monete con freccia che punta verso l'altro
Quadro economico e prospettive dei tassi

La lotta contro l’inflazione della Federal Reserve e della Bce è sempre nel vivo, quello che sembra essere cambiato sostanzialmente - dopo le reciproche riunioni operative di marzo - è l’approccio al problema. Nelle loro proiezioni macroeconomiche aggiornate, comunque, spiccano significative differenze. Quelle presentate dall’Eurotower – rispetto a quelle della Fed – non considerano (perché sono state redatte prima) la crisi che ha attraversato il sistema bancario. Per contro c’è, allo stesso tempo, un elemento che accomuna le due Banche centrali: in termini di decisioni di politica monetaria, secondo Martina Daga, junior macro economist di AcomeA SGR, i recenti meeting hanno rappresentato una svolta in termini della comunicazione su entrambe le sponde dell’oceano.

Le decisioni monetarie dipenderanno dai dati

Se prima dell’esplosione delle tensioni del settore finanziario (iniziate con fallimento della statunitense Silicon Valley Bank negli Usa e culminate col crac del Credit Suisse, poi confluita in Ubs), l’approccio dei membri di entrambe le Banche centrali era sostanzialmente hawkish, in seguito la loro retorica è diventata molto più prudente a sottolineare come - a causa dell’elevata incertezza - non sia possibile dare indicazioni precise sulle future decisioni di politica monetaria. Mentre la Bce, in precedenza, aveva ripetuto che i tassi d’interesse dovevano ancora essere alzati significativamente a un ritmo costante, oggi l’incertezza del contesto macroeconomico – osserva l’economista - lascia spazio a una strategia completamente dipendente dai dati.

La crisi bancaria potrebbe incidere sulle condizioni finanziarie

Allo stesso modo la Fed ha eliminato ogni riferimento a prossimi aumenti del Fed Fund, dicendo solo che potrebbero essere necessari ulteriori misure di rafforzamento per rendere le condizioni finanziarie sufficientemente restrittive per il raggiungimento del tasso di inflazione del 2%. Inoltre, Powell ha enfatizzato il fatto che, nonostante sia presto per dirlo, oltre all’aumento dei tassi, l’inasprimento delle condizioni finanziarie potrebbe essere accelerato dalle tensioni nel settore bancario. Sembra, dice Daga, che le Banche centrali siano più caute e vogliano mantenere più flessibilità sulle loro future mosse, senza dare indicazioni precise che poi dovranno essere soddisfatte. Agire diversamente da quanto indicato minerebbe, infatti, la loro credibilità.

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L’economia dell’Eurozona tira più del previsto

Tornando alle stime della Bce, il Pil è atteso crescere dell’1% nel 2023, in rallentamento rispetto al 2022, ma con una correzione al rialzo rispetto alle stime di dicembre (0,5%), grazie alla resilienza manifestata dall’economia nei primi tre mesi e alla ripresa della fiducia dei consumatori. La crescita nel medio termine è invece stata rivista in lieve ribasso. Per questi anni la Bce si aspetta, infatti, che le politiche monetarie avranno maggiore peso e che gli incentivi fiscali da parte degli Stati per la crisi energetica verranno mantenuti per il 2023. L’inflazione headline è stata rivista in calo per il 2023, quando è previsto un forte rallentamento della crescita totale dei prezzi per poi stabilizzarsi nei due anni successivi. La marginale ripresa della crescita dei prezzi energetici nel 2024-25 sarà dovuta alla fine dei sussidi fiscali. Dall’altro lato, si prevede che l’inflazione core rimanga più persistente, trainata dalle pressioni salariali.

Il board Fed sui tassi si sta spostando verso l’alto

Per la Fed il quadro macro è rimasto pressoché invariato rispetto a dicembre. Tuttavia, osserva Daga, i rischi inflattivi rimangono orientati verso l’alto. Oltre al fatto che l’inflazione del 2023 è stata rivista lievemente al rialzo, guardando alla distribuzione delle stime per il dato core, mentre a dicembre il range massimo espresso dai membri del board era 3,7%-3,8%, a marzo si è spostato verso l’alto, con 4 membri che hanno indicato 3,9%-4% e uno 4,1%-4,2%. Sui tassi, la mediana per il 2023 è rimasta stabile, si è alzata per il 2024 ed è tornata a convergere per il 2025. Nella distribuzione delle previsioni è importante notare che per il lungo termine, nonostante la mediana sia rimasta al 2,50%, un membro ha rivisto le stime verso l’alto indicando un valore tra 3,63% e 3,87%. Questo indica – secondo l’economista di AcomeA - che all’interno del board alcuni membri si stanno spostando verso una visione più hawkish, in vista di un’inflazione più persistente e della necessità di azioni di politica monetaria più restrittive.

A cura di: Fernando Mancini

Parole chiave:

inflazione acomea bce
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