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Rimbalzo degli emergenti alla pari con USA

I mercati emergenti sono in pole position nella ripresa globale, secondo T. Rowe Price dovrebbero mantenere il passo degli Usa. Hanno un’inflazione sotto controllo, deficit in via di stabilizzazione, bassi tassi un probabile consolidamento fiscale anticipato rispetto ai Paesi sviluppati.

26/05/2021
grafico con andamento della curva
Le potenzialità dei mercati emergenti

I mercati emergenti vantano tutti i presupposti per riuscire quest’anno a tenere il passo degli Stati Uniti nel rimbalzo dell’economia: si muovono in un quadro inflativo del tutto tranquillo (le pressioni ‘core’ dovrebbero rimanere contenute) e sono premiati dalla stabilizzazione dei deficit prevista per i prossimi anni. Questo scenario è interessante per gli investitori perché, secondo Chris Kushlis, analista del debito sovrano di T. Rowe Price, le prospettive di questi Paesi sembrano nel complesso positive e i rendimenti dei loro bond, pur essendo relativamente oggi bassi rispetto ai livelli storici, rimangono attraenti.

L’FMI stima +6,3% quest’anno e +5% nel prossimo

L’esperto ha individuato cinque lenti attraverso le quali gli investitori possono analizzare un’asset class che può rivelarsi interessante per la prossima fase e, di riflesso, utile da mettere in portafoglio: la crescita, l’inflazione e le politiche monetarie, le politiche fiscali, tassi e valute e valutazione del merito di credito. La ripresa economica è già in atto e, dopo la crisi pandemica che ha accumunato tutti, anche questa è globale. Il Fondo monetario internazionale stima un’espansione economica emergente del 6,3% nel 2021 e del 5% nel 2022, e prevede che la crescita nel 2023-25 sarà superiore a quella del periodo 2015-19.

Sulla ripresa le incognite vaccino, Cina e politiche USA

Nonostante gli immensi stimoli fiscali statunitensi, Kushlis si aspetta che gli emergenti restino al passo con gli USA in termini di crescita. Certamente ci sono differenze anche rilevanti tra i Paesi emergenti per quanto riguarda l’entità della ripresa e nel percorso verso il consolidamento fiscale, cosa che inevitabilmente influenzerà la rapidità del loro recupero. Il rimbalzo potrebbe essere ancora più marcato se l’impatto indiretto degli stimoli USA sugli emergenti fosse molto forte o se i risparmi accumulati durante la crisi venissero spesi più rapidamente del previsto. I rischi al ribasso comprendono possibili ritardi nelle vaccinazioni o una crescita limitata della Cina, così come un inasprimento anticipato delle politiche USA e un aumento dell’inflazione.

Inflazione e tassi: rialzi significativi solo dal 2022

Non si avvertono timori circa l’inflazione: il tasso ‘core’ negli emergenti segna un calo strutturale dal 2015 per via della debole domanda. L’indice generale (di solito segue il corso del greggio) potrebbe recuperare rapidamente, ma il ‘core’ – stima l’analista - aumenterà lentamente, dato che ci vorrà tempo perché si chiudano i ritardi nella produzione. Finora le Banche centrali hanno gestito le condizioni monetarie in modo abbastanza prudente. La maggior parte dovrebbe mantenere la rotta quest’anno, anche se alcuni (come Messico e Indonesia) hanno abbassato i tassi, altri (come Brasile e Russia) li hanno alzati e altri ancora (come Cile e Repubblica Ceca) dovrebbero alzarli nei prossimi mesi. Rialzi più significativi sono però attesi nel 2022. La Fed invece dovrebbe mantenere i tassi bassi più a lungo, perciò le Banche centrali emergenti potrebbero trovarsi ad alzarli in anticipo sugli USA.

Consolidamento fiscale anticipato rispetto ai Paesi sviluppati

I deficit registrati nei mercati emergenti nel 2020 sono dovuti più al calo delle entrate che all’aumento delle spese: in futuro il consolidamento fiscale si baserà sia sui tagli alla spesa sia sul rimbalzo delle entrate, con ritmi diversi nelle varie aree (ad esempio, l’Asia probabilmente sarà accomodante più a lungo). In generale, comunque, secondo Kushlis questi Paesi sembrano avviarsi verso un consolidamento anticipato rispetto alle economie sviluppate. Gli emergenti con rating più elevato dovrebbero continuare ad usare i bilanci per supportare le proprie economie, mentre quelli con rating bassi inizieranno a consolidare prima. Una nota su Brasile e Sudafrica, che rimangono al centro delle preoccupazioni sulla sostenibilità del debito emergente.

Con la ripresa curve dei rendimenti più ripide

I rendimenti degli emergenti, benché siano bassi rispetto ai loro livelli storici in termini assoluti e reali, rimangono attraenti rispetto a quelli USA. Infatti, sottolinea l’esperto, solo pochi Paesi hanno rendimenti reali superiori, tra cui Cina, Tailandia e Colombia. Una ripresa graduale degli emergenti dovrebbe rendere più ripida la curva, sviluppo che il mercato sta già parzialmente prezzando. Per quanto riguarda le valute emergenti, queste hanno avuto performance contrastanti dopo la corsa di novembre-dicembre 2020 perché la ripresa USA ha temporaneamente sorpassato quella del resto del mondo grazie al vantaggio nelle vaccinazioni e agli stimoli fiscali. Tuttavia, gli emergenti dovrebbero recuperare parte del divario quest’anno. In generale, in base ai tassi di cambio reali aggiustati, le divise emergenti appaiono prezzate correttamente (nel caso dei Paesi esportatori di manifattura) o sono a buon mercato (per gli esportatori di commodity).

Rating: diminuiti, ma meno del previsto

I rating sul credito emergente, com’era prevedibile a causa del ‘terremoto’ Covid-19, sono calati,anche se forse non tanto quanto ci si sarebbe potuto aspettare data l’entità dello shock. Il deterioramento sul fronte fiscale è stato però controbilanciato da un miglioramento delle riserve valutarie. Tra i principali Paesi emergenti, Sudafrica e Messico hanno subito downgrade unanimi, mentre altri sono stati declassati solo da un’agenzia. Colombia, India e Romania rischiano di perdere il rating investment grade e anche la Turchia è vulnerabile. Quest’anno le emissioni hanno avuto una partenza solida e i mercati sembrano disponibili a finanziare la maggior parte dei Paesi emergenti, anche quelli con i rating più bassi. Nonostante tutte i timori e le avversità, nessuno dei principali Paesi emergenti - secondo l’esperto di T. Rowe Price - si trova davvero in condizioni di stress al momento.

A cura di: Fernando Mancini

Parole chiave:

paesi emergenti ripresa economica inflazione
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