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Usa: Fed apre a un taglio, forse di 50 pb entro dicembre
Lo scenario per la politica della Fed rimane improntato alla prudenza. Pur con più spazio per allentamenti, la traiettoria dei tassi Usa resta incerta: il livello neutrale potrebbe essere infatti più alto rispetto al pre-Covid. La Fed dovrà bilanciare prudenza, dati economici e tensioni politiche.

Il messaggio che arriva da Jackson Hole Symposium (21-23 agosto), uno dei più importanti incontri annuali tra banchieri centrali, economisti e leader finanziari mondiali, è duplice: da una parte la Fed si prepara a maggiore flessibilità, dall’altro il mercato continua a interrogarsi sul ritmo dei futuri tagli ai tassi. Blerina Uruci, chief US economist T. Rowe Price, alla vigilia del summit aveva anticipato una posizione più morbida da parte di Jerome Powell, ritenendo che lo scenario più probabile sarebbe stato quello di una riduzione graduale. La sua previsione di base è un taglio di 25 punti base a settembre e di 50 punti base totali nel 2025. In generale, sostiene l’esperta, la politica della Fed avrà un approccio data-dependent, pronto a correggere il passo se l’inflazione o l’occupazione dovessero sorprendere.
Le parole di Powell a Jackson Hole
In sostanza, le affermazioni di Powell al meeting del Wyoming hanno infatti confermato la linea della gradualità, parlando precisamente di un ‘‘cambiamento nell’equilibrio dei rischi’’ che potrebbe giustificare un allentamento della politica monetaria. Per i mercati finanziari, dopo mesi di immobilismo della Fed (e nonostante le crescenti pressioni dell’Amministrazione Trump), la possibilità di un primo taglio dei tassi d’interesse già a settembre appare oggi più concreta. In particolare, il Presidente della Federal Reserve ha riconosciuto un raffreddamento del mercato del lavoro, con dati occupazionali rivisti al ribasso (favorevoli per un taglio dei tassi), ma ha avvertito che l’inflazione resta una minaccia (e potrebbe essere un freno), complice la politica commerciale, con l’aumento dei dazi, portata avanti dalla Casa Bianca.
Usa: occupazione e forze strutturali
Uruci e Powell convergono su un punto cruciale: il mercato del lavoro non va letto solo in chiave ciclica, ma anche strutturale. L’economista sottolinea come la piena occupazione richieda di monitorare una gamma più ampia di indicatori, non solo i nuovi posti creati. Afferma che un forte rallentamento dell’occupazione non implica automaticamente recessione, ma può riflettere i cambiamenti demografici e la minore disponibilità di manodopera (aspetto, quest’ultimo, forse da collegare - secondo gli esperti - anche alle nuove politiche sull’immigrazione Usa). Il Presidente della Fed ha di fatto ricalcato questa analisi, quando ha ricordato che il tasso di crescita occupazionale necessario a mantenere stabile la disoccupazione è ormai più basso rispetto al passato e che la Fed continuerà a basarsi su un set ampio di dati.
La revisione del quadro di politica monetaria
Sia Powell sia l’economista hanno affrontato il tema della revisione strategica. Uruci da parte sua aveva anticipato la fine della ‘‘inflation average targeting strategy’’ introdotta nel 2020 e, dall’altra parte, Powell ha confermato che la Fed abbandona ufficialmente l’approccio di tolleranza a un’inflazione superiore al 2% dopo anni di debolezza. L’obiettivo torna a essere quello tradizionale: inflazione stabile al 2% e mandato sull’occupazione gestito in modo più simmetrico, senza rinunciare a strette preventive quando necessarie. È noto che le parole del Presidente della Fed sono arrivate in un clima politico teso, con Donald Trump che ha intensificato le critiche a membri del board. Power però ha ribadito ancora l’indipendenza della Fed, sottolineando che ‘‘le nostre decisioni resteranno basate solo sui dati’’.
Politica monetaria: rimangono incertezze sullo sfondo
I margini per vedere un allentamento della politica monetaria Usa si sono allargati ma, nonostante i mercati abbiano festeggiato questa apertura, la traiettoria futura dei tassi resta ancora incerta perché - come ha ricordato Powell - il livello ‘‘neutrale’’ dei tassi potrebbe oggi essere più alto rispetto al periodo pre-pandemico. In altre parole, il 2025 si prefigura come un anno caratterizzato da un cauto allentamento monetario, calibrato sulle evidenze dei dati. Con un mercato del lavoro che cambia natura e un’inflazione ancora instabile (ancora sconosciuti gli effetti dei dazi sui prezzi al dettaglio), la Fed si muoverà tra prudenza e flessibilità, consapevole che ogni scelta avrà implicazioni non solo economiche ma anche politiche.
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