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Cosa fare se manca la direzione

10/05/2017

Abbiamo già avuto modo di vedere che il rischio di crash oggi non appare elevato, a patto che non si determini un deterioramento economico significativo o peggio ancora un deterioramento economico accompagnato da un rilevante aumento del costo del denaro. Il pericolo più pesante è però andare incontro a prolungate fasi di rendimenti azionari contenuti rispetto alla media dell'ultimo decennio, con in più un reddito fisso alla fine di un ciclo irripetibile (gioco forza, visto il fenomeno dei tassi negativi).

Questo scenario sembra alquanto concreto in un paradigma intermedio a livello macro: è probabile infatti la continuazione ancora a lungo della stagnazione secolare degli ultimi anni. In quel caso, né troppo positivo né troppo negativo, l’asset allocation andrebbe incentrata su alcuni punti fissi, comunque incentrati sul concetto di mean-reversion. Con quest'ultimo termine si intende il ritorno verso la media storica di valori (nello specifico rendimenti sui mercati) diventati particolarmente estremi. Tentiamo in questo ambito di cogliere qualche spunto

Innanzitutto è probabile che l'elevata volatilità a livello di cambi continuerà a manifestarsi: di conseguenza coprire il rischio di cambio continuerà a essere costoso e in definitiva contro-producente. Oggi conviene prendere il toro per le corna e considerare l'andamento valutario per quello che è, ossia un asset in più in portafoglio che fornisce un carry (positivo o negativo che sia) tutti i giorni. In questo contesto alcune valute del Nord-est dell'Asia, specificatamente won e dollaro taiwanese, rimangono sottovalutate e lo stesso si può dire di altre divise con alle spalle economie decenti e sistemi politici non troppo inquietanti, quali il baht thailandese, il ringgit malese e la rupia indonesiana. A esse aggiungiamo alcune monete ad alto beta rispetto all'euro, quali lo zloty polacco: si può guadagnare esposizione a questo paniere attraverso il debito emesso in valuta locale, coprendo il rischio di duration, che in questo tipo di obbligazioni tende a non essere bassissimo.

Va detto che quando si investe su una divisa, come controparte si ha sempre il fatto di assumere una posizione corta su un'altra: questa logica market neutral, che nel caso specifico del forex potrebbe essere rispetto a un trend generale in cui tutte le monete perdono in termini reali, dovrebbe guidare altre scelte tattiche da parte di un investitore accorto in questo passaggio difficile.

Infatti a livello obbligazionario governativo permane un differenziale pazzesco nella parte a lunga scadenza (10-30 anni) fra Treasury americani e Bund tedesco. Stare corti su questi ultimi e lunghi sul loro equivalente statunitense non appare la più folle delle scelte. Più interessante è capire quando farlo. In generale il momento migliore sembra dato dalle fasi di forte risk-on statunitense, in cui la curva dei rendimenti Usa diventa più ripida della norma di questi ultimi anni e in cui le aspettative di una Fed ferina si fanno più urgenti. Inutile dire che finora immancabilmente questo scenario di reflazione e turbo-crescita è andato immancabilmente deluso. 

Viceversa i bond più rischiosi, quali gli high yield, hanno mostrato negli ultimi anni una correlazione crescente con l'azionario, spesso caratterizzata da beta, cioè da ampiezza dei movimenti, ancora più elevata rispetto alle borse. Modeste fasi di risk-off offrono buone opportunità per cercare posizioni tattiche su questo tipo di emissioni, specialmente in Usa e in Asia, molto meno in Europa dove i rendimenti sono bassissimi

Resta da vedere la componente azionaria con la necessità di verificare alcune posizione relative in ambito equity. Le vedremo prossimamente.

A cura di: Boris Secciani

Parole chiave:

Valute obbligazioni rendimenti contenuti stagnazione
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