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Banche e privati a supporto dei Btp?

10/09/2018

Il rendimento del Btp decennale ha toccato il 3,21% lo scorso 31 agosto (livello non visto dal 2014, superiore anche a quello registrato -3,16%- nel periodo in cui si è formato l’attuale Governo Lega- 5stelle.

Dietro il riazo del rendimento del Btp decennale c’è la pesante caduta della quotazione (circa il 10% da gennaio), che implica uno scenario poco roseo per gli investitori non cassettisti. La penalizzazione per i titoli a breve scadenza è stata più contenuta. I bond con scadenza biennale hanno accusato un calo della quotazione del 2,3%, tuttavia, a differenza del decennale sono riusciti a recuperare un 3% dai minimi di maggio. Ed è proprio in questa parte di debito che i gestori individuano delle opportunità. I titoli a lunga scadenza vengono considerati meno appetibili in un contesto in cui il paese dovrà affrontare –senza il supporto della Bce- il rinnovo di 1.300 mld di debito nei prossimi cinque anni.

I rendimenti più elevati offerti dai titoli di stato potrebbero attrarre gli investitori privati, tuttavia, l’innalzamento dei rendimenti è legato a scelte politiche che potrebbero allontanare l’Italia dall’eurozona. Se gli investitori domestici interpreteranno l’ascesa dei rendimenti come logica conseguenza del maggior rischio di uscita dal’euro (e di default), sarà complicato assistere ad un ritorno d’interesse dei privati per le emissioni del Tesoro italiano.

Il rendimento dei titoli di debito con scadenza a due anni è arrivato a toccare l’1,46%, dato che rappresenta, secondo molti esperti, un’opportunità unica per gli investitori prudenti e poco propensi ad accollarsi livelli elevati di rischio. In questo segmento, la volatilità derivante dalle incertezze sui contenuti della prossima Legge di Bilancio, vengono fortemente mitigati dalle scadenzi brevi.

I timori per le prossime mosse del Governo italiano, focalizzati sulla prossima legge di bilancio e sulla capacità di trovare un accordo con le autorità europee sul livello del ratio deficit/Pil, hanno convinto gli investitori esteri a disfarsi di ben 58 mld di titoli di stato italiani nel bimestre maggio-giugno.

Il dato rende più complicata la strada che porta al rifinanziamneto di 400 mld di titoli di stato in scadenza nel 2019. Senza contare che le necessità di finanziamento aumenterebbero di circa 50 mld se l’Esecutivo optasse per un incremento del deficit fiscale a ridosso del limite del 3% del Pil, necessario per tener fede alle promesse elettorali (taglio delle tasse e reddito di cittadinanza).

Gli istituti di credito domestici stanno già intervenendo a supporto del debito. A luglio l’ammontare di titoli di stato detenuto dalle banche italiane ammontava a 384 mld di euro, circa 60 mld in meno rispetto al dato registrato nel 2015. Il gap evidenzia come il finanziamento del maggior deficit potrebbe arrivare da un aumento della quota di titoli di stato in possesso degli istituti di credito locali, ma la coasa non è scontata.

Non esiste una legge che fissi un tetto a tale partecipazione, tuttavia, una quota elevata di debito sovrano implica una maggiore vulnerabilità dei ratio degli istituti (più esposti alla volatilità delle quotazioni dei titoli di un singolo paese).

L’altra carta –ipotetica- a disposizione dell’Italia per supportare il proprio debito pubblico è il risparmio dei privati (che nel 2017 si è attestato a 4.300 mld di euro, quasi il doppio del debito pubblico). Attualmente i risparmiatori italiani possiedono solo il 4% dei titoli di stato domestici. Se tale quota ritornasse al livelo registrato nel 2014 (14%), il Tesoro italiano potrebbe recuperare circa 200 mld di nuovi fondi, sufficienti a sostituire un terzo dell’ammontare in possesso degli investitori esteri. A tal proposito, il Governo ha recentemente fatto riferimento all'introduzione di piani di risparmio che consentirebbero ai privati di investire in titoli di stato a condizioni fiscali molto vantaggiose.

A cura di: Rocki Gialanella

Parole chiave:

btp banche debito pubblico italia
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