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Tassi puntano al ribasso: su economia mondiale troppe incertezze

L’orientamento dei tassi di interesse da alcune settimane ha iniziato a puntare al ribasso in quasi tutti i principali Paesi. Il quadro economico, politico e commerciale è carico di incertezze: le politiche monetarie delle Banche centrali sono destinate a rimanere accomodanti.

13/06/2019
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Tassi al ribasso

L’orientamento dei tassi di interesse ufficiali sta cambiando rapidamente, da alcune settimane ha iniziato a puntare al ribasso in quasi tutti i principali Paesi. D’altronde il quadro economico, politico e commerciale è così carico di incertezze che, secondo gli esperti, le politiche monetarie delle Banche centrali sono destinate a rimanere accomodanti per un periodo prolungato di tempo. La spada di Damocle è rappresentata soprattutto dalla guerra commerciale in corso tra Stati Uniti e Cina, le cui incognite sul sistema economico globale multilaterale si combinano con il rallentamento congiunturale mondiale in atto.

Per di più, a parte le pressioni che arrivano dai prezzi del petrolio, oggi la strada per una politica monetaria a favore della crescita è spianata da un’inflazione ovunque sotto controllo. Marcela Meirelles, managing director fixed income di Tcw, ha rilevato che i mercati obbligazionari già riflettono questo cambio di direzione. Cioè non credono più a un’economia mondiale in grado di digerire tranquillamente gli attuali problemi e quindi, spiega, “è probabile che la strada da qui in avanti sarà molto accidentata, specialmente per le economie più orientate all’esportazione e più dipendenti dall’apertura commerciale”. 

Tagli già iniziati: Nuova Zelanda e Australia da battistrada 

Di conseguenza le Banche centrali, dovendo affrontare questo livello di incertezza hanno già deciso che è meglio peccare per eccesso di cautela, piuttosto che per difetto. Cautela che secondo l’analista può significare una riduzione preventiva dei tassi, prima di trovarsi in una situazione in cui lo scenario economico avverso richiederebbe tagli più incisivi, ma ciò sarebbe impossibile perché si è già raggiunto il limite inferiore per i tassi di interesse: lo zero. La corsa al ribasso dei saggi di riferimento sembra già partita. La decisione da parte della Reserve Bank of New Zealand di tagliare il tasso di riferimento di 25 punti base all’1,5% all’inizio di maggio rientra infatti proprio in quest’ottica. In sintonia si è mossa a inizio giugno anche la Reserve Bank of Australia (che ha adottato un taglio di 25 punti base all’1,25%). A questi due Istituti, che solitamente fanno da battistrada all’orientamento delle politiche monetarie mondiali, si è accodata già la Banca centrale della Malesia (-25 punti base al 3%) e a breve potrebbe essere seguita da altri istituti della regione asiatica. 

Draghi, statu quo dei tassi fino a metà del 2020

Tutti ora aspettano le prossime mosse della Fed e della Bce. Per quanto riguarda l’orientamento dell’Istituto statunitense hanno già ampiamente parlato i banchieri centrali federali, senza contare le pressioni che sta facendo l’Amministrazione Trump – che un giorno si e l’altro pure – continua a ripetere che i “tassi sono troppo alti” e che la Fed ha una politica “distruttiva” per l’economia d’Oltreoceano. Per la Bce hanno parlato a inizio giugno sia il Presidente, Mario Draghi, sia i deludenti dati macro della Germania. Il primo ha riconosciuto i rischi al ribasso posti dalle misure commerciali protezionistiche, dalle incertezze geopolitiche e dalle vulnerabilità dei mercati emergenti. Senza fare accenno ai possibili effetti destabilizzanti per i mercati che rischia di avere il debito pubblico italiano, il numero uno della Bce ha ridimensionato le prospettive di crescita oltre il 2020 lasciando intuire, secondo la chiave di lettura di molti analisti, che i tassi rimarranno invariati almeno fino alla prima metà del prossimo anno. Draghi ha comunque escluso che nell’Eurozona “non ci sono rischi di deflazione” e che “vediamo scarsi rischi di recessione”. 

Porte aperte per un nuovo programma di Qe

Tuttavia non si può sottovalutare il fatto che lo stesso Draghi ha detto che, all’intero del consiglio direttivo, si è parlato di ‘quantitative easing’ e che un programma di Qe di dimensioni moderate rimane praticamente possibile. Veniamo alla congiuntura dell’Eurozona che, da una parte, vede la propria locomotiva, la Germania, rallentare vistosamente. Dall’altra, dopo avere raggiunto il picco a fine 2017, oggi di deve confrontare con diversi problemi, tra cui il protezionismo commerciale, i problemi del budget italiano e l'incertezza della Brexit: tutti fattori che giocano a favore di una politica monetaria accomodante.

A cura di: Fernando Mancini

Parole chiave:

draghi tassi guerra politica economia
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