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Bund nel mirino degli operatori

09/10/2018

Il Bund è tornato nel mirino degli operatori di mercato. L’espansione dell’economia europea si mantiene superiore al trend, ma le ultime rilevazioni segnalano un rallentamento delle dinamiche della crescita.

Ad ogni modo, sugli ultimi movimenti dei titoli di Stato europei ha influito più che altro l’andamento dell’inflazione e, in particolare, la dichiarazione del presidente della Bce Draghi – che ha parlato di un’accelerazione “relativamente vigorosa” dell’inflazione sottostante – ha indotto gli operatori a mettere in dubbio la traiettoria dei futuri aumenti dei tassi della Banca Centrale.

La Bce pronostica da tempo un aumento dell’inflazione, ma in passato queste stime apparivano ottimistiche. Oggi abbiamo motivo di pensare che potrebbero essere corrette. Innanzitutto, la capacità inutilizzata nell’economia europea è diminuita e la disoccupazione è scesa ai minimi dal 2008. Gli effetti di questo miglioramento hanno iniziato a farsi vedere sui salari: la media degli indici salariali dell’Eurozona si attesta infatti ai massimi degli ultimi nove anni.

Per finire, è probabile che nei prossimi mesi gli effetti base contribuiranno all’aumento del costo della vita. Sebbene le indicazioni prospettiche della Bce siano estremamente chiare e un aumento dei tassi prima di settembre 2019 appaia alquanto improbabile, in presenza di un’inflazione più vivace la traiettoria delle future strette potrebbe farsi più ripida, in particolare se l’accelerazione dei salari si trasmettesse all’inflazione complessiva.

Valutazioni quantitative
I rendimenti dei Bund decennali hanno chiuso allo 0,54% il 25 settembre, superando per la prima volta dal 23 maggio l’importante livello tecnico dello 0,50%. Anche se un rialzo significativo rispetto ai valori attuali sarà possibile solo in presenza di pressioni inflazionistiche, va notato che in base ai modelli di fair value oggi il rendimento dei Bund decennali dovrebbe essere molto più alto. I mercati valutari hanno reagito ai movimenti dei tassi e nel corso dell’ultima settimana l’Euro ha guadagnato lo 0,9% rispetto al Dollaro statunitense, chiudendo a quota 1,18, il livello più alto da metà giugno (dati al 25 settembre).

Cosa significa per gli investitori obbligazionari? 

Il team di JP Morgan Am ritiene che la graduale ascesa dei rendimenti dei Bund tedeschi potrebbe proseguire, anche se per mettere a segno un balzo significativamente superiore ai livelli della recente forchetta di oscillazione saranno necessarie prove evidenti di un’inflazione in progressivo rialzo. Per questo motivo JP Morgan mantiene un orientamento cauto sui titoli di stato dei mercati core, anche se ritiene che al primo segnale di aumento del rischio politico potrebbero tornare a rivestire il ruolo di beni rifugio. La storia insegna che i settori creditizi hanno la capacità di assorbire i rialzi dei tassi, se non dipendono da shock di politica monetaria.

Se prevarrà il sentiment di avversione al rischio, i rendimenti dei Bund tedeschi potrebbero in teoria scendere al di sotto dei minimi del 2016. Tuttavia, è importante ricordare quanto fosse straordinaria la situazione di allora. Subito dopo il referendum su Brexit, i dubbi sulla solidità della zona Euro stavano aumentando e, di conseguenza, i Bund stavano beneficiando della tendenza a rifugiarsi in titoli di qualità di cui parlavo prima e delle speculazioni su una possibile ridenominazione. Inoltre, le banche centrali stavano inondando il mercato di liquidità.

A cura di: Rocki Gialanella

Parole chiave:

bund rendimento inflazione spread
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